Confessiamo di non riuscire a resistere alla tentazione. In questi giorni tutti parlano de Il Trono di Spade e del finale travolgente che dobbiamo attenderci… ed anche a noi è venuta voglia.
Dal nostro punto di vista, la fortuna della serie non sta tanto nei seducenti protagonisti o negli imprevedibili colpi di scena, quanto nel sottile equilibrio tra il genere “fantasy” e il costante richiamo alla Storia d’Europa. E se draghi, maghi e morti viventi possono non piacere a tutti, intrighi, faide e duelli trovano sempre appassionati e il successo è assicurato.
Di fatto, e per stessa ammissione dell’autore, Il Trono di Spade riecheggia di personaggi, eventi e ambientazioni a noi familiari. Il continente Occidentale, ad esempio, riprende il sistema feudale dell’alto Medioevo, con tanto di castelli, cavalieri e giostre.
Gli Uomini di Ferro, animaleschi dominatori dei mari, e i Bruti, nomadi tra i ghiacci, ricalcano i vichinghi, mentre i Dothraki, adoratori dei propri cavalli, ricordano le orde dei Mongoli. E come non vedere nei Guardiani della Notte il modello degli ordini cavallereschi in tempo di Crociate? Così come i Templari prendono i voti di castità e di fedeltà eterna, questi prendono il nero, per proteggere il regno dai nemici dichiarati, guidati da un capo eletto per la vita. E Lady Bryenne non somiglia forse a Giovanna d’Arco?
Naturalmente c’è molta storia inglese: la rivalità tra Lannister e Stark somiglia (anche nei nomi) a quella dei Lancaster e degli York, mentre gli intrighi sono quelli di Enrico VIII (Robert Barathion), della disinibita aspirante regina Anna Bolena (Margaery Tyrell) e della determinata bastarda Elisabetta I (Daenerys Targaryen).
Ma c’è anche molta cultura romana e bizantina nel continente Orientale, con la sua atmosfera esotica, le sue “città libere”, le rotte commerciali. C’è una Barriera che fa il verso al Vallo d’Adriano. C’è un “alto fuoco” che ricorda il fuoco greco dei bizantini. C’è persino l’isola perduta di Atlantide (Valyria).
Ma ci sono, ahimè, anche echi di un passato non troppo lontano da noi. Intelligenti, insensibili, occhi azzurri, pelle chiara: le Ombre Bianche sono l’incarnazione del male assoluto, proprio come le truppe tedesche durante il Terzo Reich.
Ma a questa non facile lettura “storica” preferiamo una lettura altrettanto complessa ma assai più divertente: quella psicologica. E non siamo i soli. Soprattutto nel mondo anglosassone, terapeuti e accademici si sono sbizzarriti ad analizzare i traumi dei personaggi di questa amatissima serie e a diagnosticarne le psicopatologie.
Per cavalleria, partiamo dalla donne. Cersei Lannister, intelligente ma marginalizzata in un mondo di uomini, incolpa un fratello per la morte della madre, mentre vive con l’altro una relazione incestuosa. È una personalità narcisista che ha subito molti lutti e superato grandi prove, che la rendono ogni volta più forte.
Daenerys Targaryen si è dovuta districare tra un padre folle e un fratello stupratore. L’altro fratello prima ne abusa, poi la usa per procurarsi un esercito. Sposa un uomo-cavallo, non può più avere figli e si innamora del nipote. Ce n’è a sufficienza per lo sviluppo di una sindrome da crescita post-traumatica. Ma a lei tutto questo sembra fare proprio bene: da fanciulla fragile e insicura si trasforma in una donna risoluta e spietata.
Arya Stark subisce il trauma della separazione dai genitori e assiste all’esecuzione di un padre che sa innocente, di fronte a una sorella che crede collaborazionista. Tanto basta per trasformarla in un killer, ma con la sua lista di candidati da eliminare sembra proprio una paranoide ossessivo-compulsiva. Oppure è lo stress post-traumatico che le serve per andare avanti?
Certo, se come Sansa fosse passata tra le mani di uno squilibrato esaltato dal potere (Jeoffrey), un sadico psicopatico votato al male (Ramsay Bolton), un depresso istrionico con problemi di dipendenza (Tyrion) e un manipolatore seriale (Lord Baelish), forse capirebbe che collaborare a volte significa sopravvivere.
Tra i maschietti, si possono citare anche Brandon Stark, che assiste a un incesto, viene gettato da una torre, perde l’uso delle gambe e oscilla tra la dissociazione e la schizofrenia; Theon Greyjoy, ostaggio con la sindrome di Stoccolma, prima ribelle poi fedelissimo, un po’ dissociato anche lui. E infine Jon Snow, originariamente destinato a un ruolo di comprimario, poco comunicativo e privo di auto-stima, affetto da ansia da prestazione…
A tutto questo si aggiunga che, come in ogni saga che si rispetti, i personaggi sono tutti imparentati tra loro. Tutti hanno combattuto contro e al fianco l’uno dell’altro. Tutti sono reciprocamente amici da vendicare o nemici da colpevolizzare. In un genosociogramma applicato al mondo di G.R.R. Martin sarebbe davvero difficile trovare lo spazio per commentare in dettaglio questo intricato albero genealogico.
Ma il successo della saga sta in questo: drammi familiari, tresche e complotti, tradimenti e vendette… più storia che magia e tanta, forse troppa, vita.