Sono tempi difficili quelli che stiamo vivendo e diventa ogni giorno più difficile restare sereni e guardare con ottimismo al futuro. C’è però una categoria di persone che da sempre, per carattere o a causa di altri fattori, tende a “vedere tutto nero”. Sono i malati di catastrofismo, quelli che in ogni circostanza – dal colloquio di lavoro ai problemi ambientali – pensano subito a qualcosa di tremendo, senza riuscire a godersi mai le piccole gioie della vita.
Questi professionisti del bicchiere “tutto vuoto” sono però a rischio di sprofondare in un abisso da cui è difficile tornare indietro. Secondo studi recenti, infatti, la tendenza a gridare alla catastrofe può nascondere un disagio interiore assai più grave, che può sfociare, senza preavviso, in una vera e propria malattia mentale.
Sintomi e cause del Catastrofismo
Come si fa a sapere se si affetti da catastrofismo? Bè, chi ne soffre ovviamente non è in grado di rendersene conto da solo, ma se conoscete qualcuno che si dà sconfitto in partenza, che sospira davanti al telegiornale e ha paura di fare qualsiasi cosa, siete in presenza di un caso conclamato.
Alla base del catastrofismo ci sono l’ansia, l’insicurezza, la solitudine. In alcuni casi si tratta di un meccanismo appreso in famiglia, ad esempio da un genitore particolarmente ansioso. Secondo alcuni studiosi, invece, potrebbe essere causato da alterazioni nella risposta dell’ipotalamo e dell’ipofisi, per cui alcune parti del cervello associano, in determinati casi, dolore ed emozioni.
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Tuttavia, almeno per il momento, la categoria di persone che maggiormente tende al catastrofismo è quella di chi soffre di forme, anche molto lievi, di depressione, iniziata in circostanze traumatiche o comunque negative, più spesso legata alla stanchezza e all’insoddisfazione.
Anche il dolore cronico, correlato ad alcune patologie e diagnosticato come non risolvibile, e l’assunzione di alcuni farmaci che agiscono sul sistema nervoso centrale sono cause riconosciute di catastrofismo.
Terapie e cure
Vale la pena sottolineare che malattia mentale non è sinonimo di pazzia, come sanno bene i nuovi Principi di Galles, che da qualche anno a questa parte si occupano, attraverso gli enti benefici di cui sono promotori, della salute mentale soprattutto dei giovani che hanno subito dei traumi. La depressione associata al catastrofismo è anch’essa classificata come una malattia mentale, e forse per questo c’è ancora vergogna e ritrosia da parte di chi ne soffre nel cercare aiuto e sostegno per poterla affrontare e risolvere.
Oggi si può fare molto per dare supporto a chi vive un disagio di questo tipo: proprio come per molte malattie mentali, anche per il catastrofismo c’è una cura. Si tratta della terapia cognitiva comportamentale, che cerca di aiutare i pazienti affetti da ansia, depressione e anche catastrofismo, a identificare i pensieri ricorrenti e gli schemi disfunzionali di ragionamento e d’interpretazione della realtà. Una volta esaminati e riconosciuti questi schemi e pensieri, il soggetto lavora con il terapeuta per sostituirli con convinzioni più funzionali.
Nel caso dei soggetti catastrofici, il terapista cercherà di supportare il paziente nell’individuazione di un pensiero negativo (“mi licenzieranno perché ho consegnato in ritardo un progetto”) con uno schema più razionale (“è la prima volta che mi capita, non posso essere licenziato per questo”).
Prima che la negatività prenda il totale sopravvento, chi tende al catastrofismo può aiutarsi da solo cercando di riconoscere questo meccanismo e bloccarlo sul nascere. Essere consapevoli di come funziona può essere di supporto nel combatterlo e annientarlo.
Basta prendere qualche buona abitudine: prefissarsi uno scopo, fare una passeggiata, guardare il cielo stellato, concentrarsi su una cosa alla volta. Insomma, restare calmi e affrontare il futuro, se non con ottimismo, quantomeno con serenità e fiducia in se stessi e negli altri.
Foto di Anemone123 da Pixabay