I ricordi che abbiamo dei primi anni della nostra vita sono spesso i più belli, quelli che conserviamo più gelosamente e che portiamo con noi per lungo tempo. Eppure, dicono gli esperti, spesso sono del tutto inventati. La colpa sarebbe del nostro cervello infantile, che sviluppa la capacità di “archiviare” ricordi autobiografici solo dopo i 2 anni di età.
Insomma, i bambini sono in grado di generare ricordi ma non di lunga durata. Infatti, il fermento delle nuove cellule cerebrali, in continua formazione nei bambini, probabilmente interrompe le connessioni necessarie ad archiviare informazioni a lungo termine. Per questo, da adulti, abbiamo pochi ricordi della nostra infanzia. Alcuni studi indicano addirittura che una volta arrivati a 7 anni, si innesca una sorta di amnesia infantile.
Eppure, quasi tutti noi “ricordiamo” scene ed avvenimenti della nostra infanzia. Uno studio dell’Università di Londra ha registrato i ricordi d’infanzia di oltre 6.500 soggetti, risalenti a prima del compimento dei 2 anni, e in alcuni casi addirittura prima dell’anno di età. Lo studio ha tuttavia concluso che questi ricordi non sono, con elevata probabilità, eventi reali: gran parte di noi si porta dietro, insomma, ricordi di eventi mai accaduti.
Ma perché inventare i ricordi? Di fatto, per mantenere una narrazione coerente della nostra esistenza; e laddove, per ovvi motivi, ci sono delle lacune, inventiamo storie per avere un quadro più completo della nostra vita. È una questione di “monitoraggio delle fonti”, dicono gli esperti. Quando ci passa un pensiero per la testa, il nostro cervello deve decidere se si tratta di un evento vissuto, immaginato o raccontato da altri. A volte, questo processo s’inceppa, ma è del tutto naturale e anche gli esperti della mente non possono sfuggirgli. Allora, ricordiamo con vividezza i ricordi di un altro, proprio come se fossero i nostri.
Non bisogna dimenticare che il periodo che va da 0 a 3 anni è, per l’essere umano, estremamente delicato ed importante: è quello in cui, come ci dice l’esperta montessoriana Silvana Quattrocchi Montanaro “la mente e il corpo devono raggiungere un’armoniosa collaborazione, in quanto tutta la vita futura dipenderà dalla qualità di questa prima fase dello sviluppo”.
Il meccanismo di formazione di falsi ricordi sarebbe congenito, ma questi possono contribuire a conoscere meglio l’essere umano, sia da piccolo che da adulto. Cercare di comprendere i bambini è dunque il modo per conoscere meglio noi stessi e l’adulto che siamo diventati.
Perché i falsi ricordi non sono un fenomeno esclusivamente relegato all’infanzia. Anche da adulti, siamo tutti narratori inaffidabili della nostra vita. Ogni volta che raccontiamo un evento che ci riguarda, lo rivisitiamo, sotto l’influenza delle percezioni, dello stato d’animo e degli interlocutori di quel particolare momento. Il ricordo è l’attivazione delle reti neurali del cervello: ogni volta che ciò accade elementi vanno perduti e ne vengono acquisiti di nuovi.
Se temete per i vostri ricordi d’infanzia, la cosa migliore è cercare prove che siano davvero avvenuti, con foto, video o racconti di genitori e parenti. Ma se il vostro ricordo è del tutto innocuo, se vi è caro, se vi dà gioia o sicurezza, allora al diavolo la scienza e la psicologia. Coccolatelo. Raccontatevelo. Raccontatelo. Resterà con voi per sempre.