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Le nuove tecnologie che aiutano a scovare i bugiardi

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Proprio in questi giorni l’Università di Tel Aviv ha annunciato di aver sviluppato un nuovo metodo di rilevazione delle bugie. Il team di ricercatori ha identificato due tipi di bugiardi: quelli che, quando mentono, vengono traditi da movimenti involontari delle sopracciglia e quelli che invece non riescono a controllare un lievissimo movimento delle labbra in prossimità delle guance.

Grazie a un software basato su un algoritmo, il team è ora in grado di rilevare oltre il 70% delle bugie che vengono dette dai soggetti che si sottopongono al test, e sono al lavoro per migliorare lo sviluppo del sistema.

Il principio base dal quale sono partiti è che tutti i bugiardi cercano di evitare qualsiasi reazione fisica che possa tradirli; tuttavia, è difficile ingannare una tecnologia sofisticata come quella che sono riusciti a mettere a punto. Un bel passo in avanti rispetto alla macchina della verità “classica”, il poligrafo, che tutti noi conosciamo dai film e dalle serie TV americani.

Una caccia che dura da secoli

Si può affermare con un certo grado di certezza che la caccia alle bugie ha avuto inizio nella notte dei tempi, da quando, cioè, l’uomo ha imparato a mentire. Documenti risalenti alla Cina del 1000 a.C. raccontano di sospettati costretti a riempirsi la bocca di riso; se, dopo un certo tempo, i chicchi erano ancora asciutti allora era colpevole.

La straordinarietà di questo test sta nel fatto che non era basato su credenze o superstizioni. Al contrario, si fondava su osservazioni empiriche: presupponeva che la paura o il nervosismo derivanti dalla consapevolezza di aver mentito avrebbe lasciato l’accusato con la bocca secca.

Anche il poligrafo, inventato quasi 3.000 anni più tardi, si basa sul principio che l’azione del mentire abbia ripercussioni sulle nostre emozioni, poi tradotte in una reazione fisica. Al sospettato vengono applicati dei sensori sulle dita, sulle braccia e sul corpo. Mentre il soggetto risponde a una serie di domande, la macchina gli misura la frequenza respiratoria, il polso, la pressione sanguigna, la sudorazione, producendo un diagramma simile a quello dell’ECG.

Nonostante l’utilizzo di lunga data, la macchina della verità continua a essere un rilevatore di bugie poco affidabile. Negli USA, non tutti gli Stati ne riconoscono la validità a livello legale, e da più parti si continuano a sollevare dubbi sulla sua attendibilità.

Il punto debole di metodi basati sulla rilevazione delle emozioni è che tali emozioni possono essere facilmente dissimulate. Insomma, i bugiardi patentati sanno alterare la propria emotività e possono facilmente prendersi gioco della macchina.

La continua ricerca di metodi affidabili ha portato l’Università di Rotterdam a utilizzare il macchinario per la risonanza magnetica per scovare i bugiardi. Infatti, a seconda che sia stia mentendo o che si dica la verità, nel cervello si attivano aree differenti. Un altro sistema in uso – anche nell’ambito del sistema giuridico statunitense – è il cosiddetto “EyeDetect” che, per identificare le menzogne, si concentra sui movimenti involontari degli occhi.

Al soggetto testato vengono poste una serie di domande “vero/falso”, mentre un software tiene traccia dei movimenti degli occhi e studia le risposte. In 5 minuti la macchina fornisce il responso, ritenuto accurato quasi al 90%. Il suo utilizzo spazia dalla sfera criminale alle azioni disciplinari, dai colloqui di lavoro al terrorismo.

La rilevazione dei gesti involontari e delle alterazioni della mimica facciale sono al momento la strada più percorsa nella caccia agli impostori. Lo ha ben compreso Paul Ekman, che nell’arco di quasi 50 anni ha studiato le microespressioni, catalogandole e organizzandole in strumenti per la loro identificazione e comprensione.

Anche i ricercatori dell’Università di Tel Aviv, del resto, si affidano a elettrodi di rilevazione dei movimenti del volto, che sperano di poter sostituire presto con telecamere in grado di rilevare i movimenti incriminati anche a distanza.

Accuratezza e dilemmi morali

C’è da dire che il ricorso a metodi, strumenti o macchine che consentono di distinguere la menzogna dalla verità non sono legalmente riconosciuti ovunque.

Nel Regno Unito, dal 2014 il poligrafo viene usato dai sorveglianti per la libertà vigilata nella gestione degli autori di crimini sessuali; è inoltre iniziato un progetto pilota nei casi di violenza domestica. Tuttavia, i risultati ottenuti dalla macchina della verità non possono essere usati in tribunale. Anche i datori di lavoro possono sottoporre il proprio staff alla prova del poligrafo, ma solo con il loro consenso.

Negli Stati Uniti, si applicano norme diverse a seconda dello Stato; le cose si complicano ancora di più quando si tratta della legge federale.

L’elemento cruciale è rappresentato dal fatto che purtroppo, ad oggi, nessun rilevatore di bugie può essere considerato del tutto affidabile. Sarebbe dunque arbitrario condannare o scagionare un imputato sulla base di un test per la verità.

Siamo ancora lontani dalla rosea realtà di Lie to me, il cui protagonista (ispirato proprio da Paul Ekman) riesce (quasi) sempre a smascherare anche il più inveterato dei bugiardi. Ma il progresso tecnologico, si sa, è inarrestabile: il software in grado di smascherare le bugie con affidabilità e accuratezza è dietro l’angolo e si baserà certamente su un superalgoritmo. L’ennesimo, che come tanti suoi predecessori, ci renderà la vita più facile, portandole via, forse, un pezzettino di poesia.

Foto di: jackmac34 / da Pixabay