È di qualche settimana fa la notizia che Alessandro Baricco è il primo autore letterario italiano a fare del suo principale successo – Novecento – un NFT. I fieri oppositori dell’editoria digitale, gli irriducibili della carta stampata, avranno di certo pensato a qualche astrusa diavoleria tecnologica, del tutto aleatoria e priva di qualsiasi contatto con un oggetto concreto come può essere il libro.
Non è esattamente così: gli NFT, da poco sbarcati nel mondo dell’editoria dove servono, in sostanza, a creare contenuti nuovi ed esclusivi che solo pochi fortunati lettori possono accaparrarsi, sono una realtà assai più tangibile di un e-book.
Cosa ha fatto Baricco? Di base ha registrato la propria lettura del romanzo e l’ha messa in vendita su una piattaforma online. Ma allora è un e-book? Non proprio, perché la vendita è limitata a un periodo di tempo definito, quindi non per tutti.
Che cos’è un NTF?
NTF è l’acronimo di Non Fungible Token, letteralmente “gettone non fungibile”. I token sono codici informatici, certificati di autenticità digitale o sequenze alfanumeriche contenenti un’opera in formato digitale.
Può trattarsi di un’opera di qualsiasi natura: immagini, video, canzoni, audio. I token rendono l’opera unica ed esclusiva, non modificabile: una volta acquistato il NFT, i suoi dati vengono inseriti in un registro digitale, la blockchain, dove restano per sempre, immutabili.
La parola dell’anno
Di NFT si parla molto dal 2021, da quando cioè una famosa casa d’aste ha venduto un NFT per quasi 70 milioni di dollari. Sarà stata proprio questa cifra spropositata a fare vincere a quest’acronimo il titolo di parola dell’anno secondo il Collins Dictionary.
Dopo l’arte, è stata la volta della moda, dello sport, dei videogiochi, della musica. Una band americana ha pubblicato come NTF un album con tre varianti e un periodo di vendita limitato, guadagnando 2 milioni di dollari in due settimane. Una multinazionale di abbigliamento sportivo ha deposito il brevetto per una scarpa abilitata per NFT.
Il potenziale degli NFT per i libri
Cosa significa l’ingresso nel mondo degli NFT per l’editoria? Come già detto, gli NTF non sono come i libri digitali acquistati, ad esempio, su Amazon. Le copie digitali dei libri già disponibili sulle piattaforme di vendita online esistono fintanto che esiste la piattaforma: l’NTF, invece, proprio come un libro stampato, è di proprietà di chi lo acquista, e infatti se ne acquista una copia specifica all’interno di una serie ben definita e limitata.
Per questo, negli NFT, si vuole vedere lo strumento ultimo a tutela del copyright: non a caso trova un forte utilizzo presso gli artisti tradizionali (musicisti, arti figurative) e non (si può applicare anche a meme, gif, tweet, ecc.).
Grazie agli NFT è possibile tenere traccia del contenuto digitale acquistato, dimostrarne la proprietà e quindi poter tutelare i diritti ad esso connessi.
Tra le altre implicazioni interessanti dell’NFT c’è ad esempio quella di potervi collegare “contratti intelligenti” che incorporino i pagamenti previsti dagli accordi, solitamente in ritardo, direttamente nella transazione.
Infine, in caso di rivendita del NTF, gli autori e chiunque sia coinvolto nella produzione del NTF continuano a raccogliere royalties sulle rivendite. Per ora le percentuali sono ancora inferiori rispetto, ad esempio, a quelle degli e-book tradizionali, ma i più visionari prevedono che il futuro sarà tutto degli NTF.
Intanto, in editoria vengono usati soprattutto per creare copie uniche, “originali”, praticamente da collezione: firmate, arricchite da contenuti speciali, con copertina d’autore. Pochi pezzi rari, certificati, che possono essere venduti a prezzi elevati, al pari delle edizioni limitate o delle prime edizioni dei libri carta. La rivoluzione digitale torna all’inizio.
Foto di Hermann Traub da Pixabay