Dalla nascita all’età scolare. Il divorzio rappresenta da sempre un momento traumatico nel mondo di un bambino, che lo vive nell’ansia costante di perdere la propria famiglia. Quando la notizia arriva ai figli, le reazioni emotive possono oscillare dalla tristezza alla rabbia, dall’impotenza al rifiuto, dal dubbio alla confusione. Mentre i genitori si rivoltano nel dilemma del rimanere insieme per i figli o allontanarsi definitivamente, i ragazzi in genere si domandano quanto e come cambieranno le loro vite.
Ma come dire ai bambini della separazione?
Tutto dipende dalla sua età. Da questa infatti derivano principalmente le modalità di reazione che metterà in atto, nonché l’impatto e la consapevolezza che avrà del nuovo equilibrio familiare.
Durante l’infanzia – diciamo entro i 18 mesi – i bambini sono perfettamente in grado di avvertire la tensione in casa (e tra i genitori), ma non riescono a capire cosa si nasconda al di là del conflitto percepito. Possono per questo diventare irritabili e insistenti e manifestare frequenti esplosioni emotive o un eccesso di fisicità verso le altre persone, magari appena sconosciute. In alcuni casi più gravi, tendono a regredire e a mostrare segni di ritardo nello sviluppo.
Come facilitare dunque la transizione?
I bambini di questa età sono confortati dalla familiarità. Pertanto durante e dopo il divorzio, è utile mantenere le normali attività quotidiane, a garantire una dinamica di massima coerenza e routine, in particolare per sonno e pasti. Non privateli dei giocattoli preferiti e dedicate loro spazio e contatto fisico, ricorrendo magari alla collaborazione di amici e parenti che vi garantirà il necessario tempo di recupero di cui avrete bisogno per essere sempre vigili e attenti.
Almeno fino ai tre anni, il legame principale di un bambino è quello con i suoi genitori e qualsiasi elemento di disturbo della tranquillità familiare può rivelarsi difficile da accettare e comprendere. L’egocentrismo tipico di questa fase di crescita, potrebbe convincerli di aver causato la rottura tra i genitori, favorendo una resistenza all’autonomia – verso la quale si stavano avviando – e che si palesa in pianti frequenti e richieste continue di attenzioni, nonché in forme di regressione (tornare a succhiare il pollice o a fare la pipì al letto) o in paure ingiustificate (temere l’abbandono o il momento di andare a dormire).
Se possibile, i genitori dovrebbero cooperare allo sviluppo di una routine normale e prevedibile che il bambino possa seguire facilmente, trascorrendo con lui quel tempo di qualità a garanzia di una maggiore attenzione da parte di tutte le persone coinvolte affettivamente. Leggete, parlate dei vostri sentimenti e rassicurateli: non è colpa loro se mamma e papà non stanno più insieme.
Dai tre ai sei anni
I bambini in età prescolare di solito si oppongono alla separazione dei loro genitori, poco importa quanto sia teso l’ambiente domestico. In effetti, il divorzio è un concetto particolarmente difficile da comprendere per questi piccoli cosiddetti control freaks, poiché si sentono deprivati della possibilità di controllare il risultato, così come d’abitudine.
Al pari dei bambini piccoli, si credono responsabili della separazione dei genitori e potrebbero sviluppare sentimenti incerti sul futuro, coltivare una rabbia inespressa, nutrire pensieri spiacevoli o essere tormentati da incubi. Avranno bisogno di qualcuno con cui parlare e di mettere a punto una strategia mirata a convogliare le loro emozioni. A questo proposito, l’intervento di un terapeuta e la lettura di libri di psicologia dedicati, possono rivelarsi molto utili allo scopo.
Dal momento che i bambini sono soliti riflettere stati d’animo e atteggiamenti dei genitori, la famiglia dovrebbe cercare di gestire il divorzio in modo aperto e positivo. Anche i figli di questa età hanno bisogno di essere rassicurati e di sapere che continueranno a vedere il genitore non affidatario, senza paura di perderlo: impostate una pianificazione regolare delle visite e assicuratevi che venga rispettata.
Dagli otto agli undici anni
Crescendo, anche i pensieri si fanno più grandi. In questa fase spesso ci si ritrova a fantasticare sul possibile ricongiungimento dei genitori. I figli credono di poter ripristinare l’unità della famiglia, salvo poi tendere a biasimare uno dei due per la separazione, allineandosi con il “buono” contro il “cattivo”. Li accusano di egoismo e meschinità, sperimentando una condizione di perdita estrema ed esprimendo il conflitto in vari modi: dai litigi con i compagni di classe all’odio contro il mondo, dall’isolamento alla depressione, fino a somatizzare il disagio, espresso in frequenti dolori di stomaco o improvvisi mal di testa da stress, che li portano anche ad assentarsi da scuola.
È compito dei genitori non biasimarsi reciprocamente per la separazione, ma essere uniti nel ricostruire il senso di sicurezza e autostima dei ragazzi – con l’intento di lenirne soprattutto i sensi di colpa – ed esortandoli a chiarire le proprie sensazioni. Infine poiché la scuola, le amicizie e le attività extrascolastiche sono di crescente importanza per questa età, incoraggiateli a partecipare a eventi e passatempi di cui potranno godere a pieno, senza perdere di vista i momenti fondamentali da condividere con voi.
Con la preghiera di non allontanarsi mai dal mondo che li circonda, ma di restarne parte attiva e sempre più consapevole.