Telescopio Sofia

SOFIA, il telescopio che ci aiuta a conoscere l’Universo

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Possono 10 anni essere un lasso di tempo rilevante per la storia della scienza? Probabilmente dipende dalle epoche, e nella nostra, che in termini di progresso va più veloce della luce, forse 10 anni sono pochi. Eppure, nell’arco di un decennio, il telescopio stratosferico SOFIA messo a punto dalla NASA ha raccolto moltissime informazioni utili per la nostra conoscenza dell’Universo.

Un interessante approfondimento di Focus ne celebra l’anniversario e ne racconta i successi: da 10 anni a questa parte, il telescopio viaggia a bordo di un Boeing 747 che lo porta al di sopra delle nuvole da dove, in quasi totale assenza di vapore acqueo (che impedisce ad alcune lunghezze d’onda di raggiungere il suolo), può osservare indisturbato il nostro Universo alle frequenze dell’infrarosso.

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Lanciato nel 2010, il telescopio stratosferico è stato oggetto di molte critiche, in particolare per i suoi costi, ma la sua capacità di osservare e fotografare l’Universo lo rende prezioso per la raccolta di informazioni e nuove scoperte.

Cosa gli dobbiamo? Beh, parecchie cosette. SOFIA, ad esempio, ha trovato le tracce della prima molecola formatisi qualche anno – 100.000, per la precisione – dopo il Big Bang: l’idruro di elio, scovato in una nebulosa a 3.000 anni luce dalla Terra. Ha inoltre scoperto un sistema “gemello” del Sistema solare che ruota intorno alla stella Epsilon Eridani, con tanto di fascia di asteroidi e di un pianeta grande quanto Giove. Grazie a SOFIA, è stato anche possibile scoprire che quando una stella gigante muore, dalla sua esplosione possono formarsi nuovi pianeti di tipo terrestre, anche nella nostra stessa galassia.

Il telescopio stratosferico ha infine permesso di studiare l’atmosfera di Plutone, ha trovato ossigeno atomico nell’atmosfera di Marte e ha contribuito a raccogliere dati su Cerere, l’altro pianeta nano del nostro sistema solare.

SOFIA è dotato di un telescopio riflettore da 2,5 m, con 3 fotocamere che coprono lunghezze d’onda fino a 210 μm. È dotato inoltre di fotometro ottico e di spettrometri a infrarossi con vari intervalli spettrali. Il suo punto di osservazione privilegiato – un’apertura nella fusoliera di poppa del Boeing 747 – gli consente di studiare l’Universo da entrambi gli emisferi, ma le vibrazioni dell’aereo e le turbolenze creano disturbi che possono inficiare le osservazioni, e che si tenta di compensare con un sistema di giroscopi, telecamere e motori a coppia magnetica.

Perché si chiama SOFIA? È un acronimo ovviamente, e sta per Stratospheric Observatory for Infrared Astronomy. A noi però piace pensare che questo bel nome sia stato scelto per sottolineare che non dovrebbero mai esserci limiti alla nostra conoscenza, né di tempo né di spazio.

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