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Paura e fascino, perché piacciono i serial killer

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La sua stagione più fulgida risale ormai agli anni ’90 ma, anche grazie alle serie TV, è ancora sulla cresta dell’onda. È il serial killer, figura molto popolare presso il grande pubblico, indipendentemente dal fatto che sia un personaggio di fantasia o una persona in carne e ossa realmente esistita.

Di lui intrigano le motivazioni, il metodo, i pattern, il lavoro di profilazione necessario a scovarlo e fermarlo per sempre. Ma è soprattutto la combinazione tra irrazionalità e logica che ci colpisce, quella forma così perversa di strutturata crudeltà che fa dell’assassino seriale il preferito tra i cattivi.

Alla base di questo fascino così duraturo c’è anche il nostro desiderio, quasi una necessità, di trovare una spiegazione a ciò che ci appare come inconcepibile, mostruoso, disumano. Perché se per l’efferatezza, le mutilazioni, la ferocia si può trovare una spiegazione “logica” nella storia umana e psicologica di chi le ha perpetrate, allora ci fanno meno paura e possono essere previste ed prevenute.

Perché se identificare l’omicida occasionale o il criminale incallito può essere una sfida ricca di elementi vari e diversi, il serial killer, con la sua mente malata ma organizzata intorno a un’idea, una teoria, un metodo, ci offre – si potrebbe dire “spontaneamente” – gli indizi per catturarlo, illudendoci di poter essere in grado, alla fine, di fermarlo per sempre.

Forse è proprio questo che ci piace: il gioco a due, la caccia, l’inseguimento di fatti e di dati. Eppure, non tutti i serial killer “giocano” con chi sta cercando di smascherarli.

Mr Hyde, forse il primo serial killer della storia della letteratura, cerca la sfida solo con se stesso, nel dualismo interiore che in ciascuno di noi anima la lotta tra il bene e il male. Norman Bates non ha uno schema preciso, se non l’odio profondo che prova per la madre.

L’American Psycho, Patrick Bateman, senz’altro più metodico, riempie con la violenza il vuoto di valori degli yuppies degli anni ’80. Nemmeno Hannibal Lecter, il serial killer per antonomasia, segue uno schema vero e proprio: è solo uno psicopatico a cui piace avere gli amici “per pranzo”.

Chissà qual è, allora, lo schema che guida le azioni omicide dell’assassino dei tre anni, che agita il sonno del protagonista di Lontani tutti. Un vero e proprio incubo per gli abitanti di Woolwich, Nebraska, che tirano un respiro di sollievo ogni volta che scoprono di essersela cavata ancora.

E chissà se Thomas, l’eroe che Gaia Greco ha scelto per raccontare questa storia, riuscirà a ricostruire i fatti, a mettere insieme i pezzi, a trovare il filo invisibile che lega tra loro le vittime, per mettere, una volta per tutte, fine alla paura.

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