La scimmia nuda 50 anni dopo: una tesi che resiste nel tempo

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Il 12 ottobre 1967 veniva pubblicato quello che per decenni è stato considerato una pietra miliare della divulgazione scientifica. La scimmia nuda di Morris è stato anche al centro di contestazioni sopratutto dal mondo femminista che lo riteneva un libro di poco rispetto.

Un quadro preciso di chi siamo veramente

Robin Dunbar, professore di psicologia evolutiva all’Università di Oxford afferma che Morris ha dato un quadro preciso di chi siamo veramente.

Nel 1967 i ragazzi si stavano preparando tutti per l’estate dell’amore, quando La scimmia nuda di Desmond Morris li ha sorprese e li conquistò. La grande novità riportata nel libro era la tesi che gli esseri umani non fossero altro che delle scimmie e che molto del comportamento umano potesse essere compreso in termini di comportamento animale e della sua evoluzione.

L’uomo era nudo e bipede, ma dietro l’apparente cultura si celava un’incarnazione ancestrale. Con la sua formazione di zoologo diede un quadro preciso di chi è veramente l’essere umano. Nell’atmosfera rilassata e fumosa dell’era hippy, il libro ebbe molta risonanza presso un pubblico più vasto – non fosse altro che per il fatto di affermare, nel decennio dell’amore libero, che rispetto alle dimensioni del corpo gli esseri umani avevano il pene più grande tra tutti i primati.

Nei primi anni Sessanta c’erano state le prime osservazioni sul campo delle scimmie e un corrispondente interesse nell’evoluzione umana e nella biologia dei cacciatori-raccoglitori contemporanei. Morris comprese che la divisione sessuale del lavoro (gli uomini fuori a caccia, le donne a casa a raccogliere) necessitava di un qualche meccanismo per assicurare la fedeltà sessuale del proprio compagno – dopotutto era l’epoca dell’amore libero.

Suggerì che diventare nudi e sviluppare nuove zone erogene (specialmente le orecchie e i seni), per non parlare della copulazione faccia a faccia (quasi interamente sconosciuta tra gli animali), contribuissero a mantenere la fedeltà della coppia l’uno all’altro.

Linguaggio Muto

La tesi centrale di Morris, ovvero che molto del comportamento umano può essere compreso nel contesto del comportamento animale, ha certamente resistito alla prova del tempo anche se qualche dettaglio, invece, non ce l’ha fatta. La perdita dei peli (circa 2 milioni di anni fa) viene assai prima della nascita dei legami di coppia (appena 200.000 anni fa).

Deve le sue origini alla capacità di sudare copiosamente (un altro tratto unico dell’uomo) per consentire all’uomo di viaggiare per lunghe distanze attraverso le savane assolate. Ma probabilmente Morris ha ancora ragione sul fatto che quei pezzi del comportamento umano che intensificano l’esperienza sessuale funzionino per promuovere i legami di coppia – anche se i legami di coppia non sono per tutta la vita, come molti presumevano all’epoca.

Gli esseri umani sono diversi dagli altri esseri nell’attenzione che fanno agli occhi delle altre persone – per quasi tutti gli altri animali fissare è una minaccia (come può esserlo anche per noi, naturalmente, in determinate circostanze).

Onestamente non so dire se il libro abbia influenzato la mia decisione di studiare il comportamento delle scimmie selvatiche e, in seguito, l’etologia umana. Provenendo dalla stessa tradizione etologica di Morris, vedere gli esseri umani in questo modo non era una tesi controversa. Tuttavia, zoologi più anziani sono stati ben più scettici, e hanno visto il libro come un’opera superficiale. Ciò che ha potuto fare, nel mio caso, è stato creare un ambiente più stimolante che ha attratto più facilmente i fondi necessari a finanziare lo studio sul campo di uomini e animali.

La sua arroganza ha fatto danni indicibili

Angela Saini, giornalista scientifica, invece ha un pensiero completamente opposto fino ad affermare che La scimmia nuda e l’arroganza di Morris ha fatto dei danni indicibili.

Quando La scimmia nuda è stato pubblicato, donne scienziato e femministe hanno alzato gli occhi al cielo. Desmond Morris attribuiva alla caccia da parte dei maschi (e solo dei maschi) il merito di aver aumentato l’intelligenza umana e la cooperazione sociale. In un articolo del 1976, le antropologhe americane Adrienne Zihlman e Nancy Tanner si fecero beffe della sua implicazione che le femmine avevano avuto “una parte piccola o nulla nella saga dell’evoluzione se non dando alla luce la successiva generazione di cacciatori”.

Il suo problema con le donne è presente in ogni capitolo. Cominciamo con quello che facevano le femmine mentre i maschi si evolvevano. Morris rispondeva: “Le femmine si ritrovarono perpetuamente confinate nella base domestica.” Ma, per sua stessa ammissione, i cacciatori a volte restavano lontani per settimane per inseguire la preda. Quindi, come facevano le donne a gestire i pasti delle loro famiglie in questo periodo?

La sua scelta deliberata di ignorare i cacciatori-raccoglitori – l’unico popolo della Terra che vive in maniera simile a come possono aver vissuto i nostri antenati – lo ha reso cieco di fronte al fatto che raramente le donne sono legate alla casa. Sappiamo, ad esempio, che le donne che raccolgono piante, radici e tuberi e uccidono piccoli animali tendono a riportare calorie ben più affidabili degli uomini. Inoltre, in molte comunità di cacciatori-raccoglitori, inclusi i Nanadukan Agta delle Filippine e gli aborigeni Martu dell’Australia occidentale, le donne cacciano. Le donne Martu lo fanno addirittura per sport.

E che dire di noi, che non cacciamo e non raccogliamo più, ma viviamo in città? “Il lavoro ha sostituito la caccia… è un’attività prevalentemente maschile,” ha scritto. Oddio, Desmond, dici sul serio? Gli antropologi sono pressoché unanimi nel sostenere che nel nostro lontano passato uomini e donne condividevano quasi tutto il lavoro, incluso l’approvvigionamento di cibo e la ricerca di un ripario. È la dura realtà di una vita di sussistenza. Nel corso della storia, ci sono sempre state donne che lavorano.

La sua notevole incapacità di comprendere l’impatto del patriarcato e della repressione femminile rasenta il bizzarro. Ha sostenuto che gli esseri umani hanno sviluppato il legame amoroso di coppia per assicurare ai maschi che la loro compagna non se ne andasse mentre erano a caccia. Insomma, le donne si sono evolute nella fedeltà. Ma qualche pagina dopo parla di cinture di castità e di mutilazione dei genitali femminili come modi di mantenere le donne forzatamente vergini.

“È stato registrato un caso di un maschio che ha forato le labbra dei genitali della sua compagna per poi chiudere con un lucchetto i genitali dopo la copulazione,” scrive con il distacco patologico di uno scienziato che osserva delle mosche in un barattolo. Non si è mai posto la domanda più ovvia: se le donne si sono evolute per essere fedeli a un uomo, perché gli uomini hanno dovuto ricorrere a delle misure così brutali?

Su altre questioni, il tempo lo ha semplicemente smentito. “Chiaramente, la scimmia nuda è il più sessuale tra i primati viventi,” afferma. No. Quest’onore spetta al bonobo. Che, guarda caso, è una specie dominata dalle femmine.

Per 50 anni l’arroganza di Morris (la maggior parte della sua esigua bibliografia fa riferimento al suo stesso lavoro) ha fatto danni indicibili alla comprensione del nostro passato evolutivo. Potremmo perdonarlo perché è stato un uomo del suo tempo. Ma come scienziato, avendo scelto di ignorare le prove che aveva davanti agli occhi, La scimmia nuda merita quel poco rispetto che lui ha dimostrato alla metà della specie umana.

Mi ha lasciato di sasso

Ben Garrod, primatologo e professore ordinario all’Anglia Ruskin University di Cambridge, ritiene La scimmia nuda balla un vecchio amico non proprio perfetto con cui si è cresciuti.

Come molti zoologi, biologi e naturalisti prima di me, sono stato attratto dal brivido di esplorare il mondo animale. Ma non c’era molto da esplorare per un dodicenne che viveva in una cittadina sulla costa del Norfolk, e le specie da seguire erano piuttosto limitate. Le mie prede erano invece i vecchi libri sulla natura, l’antropologia e l’evoluzione, e il mio territorio erano gli scaffali polverosi delle vecchie librerie. Ricordo ancora vividamente il freddo fine settimana in cui mi imbattei per caso in un volumetto. Tirai il libro dallo scaffale, attirato soprattutto dal titolo. Ero affascinato dalle scimmie e la parola “nuda” aveva, per un dodicenne come me, un fascino definito (seppur intangibile).

Non penso di aver mai letto un libro così lentamente. In parte perché ho avuto bisogno di una copia dell’Oxford English Dictionary per riuscire a capire ogni paragrafo. Non volevo perdere una sola battuta di quelle che diventarono per me una serie di entusiasmanti rivelazioni non solo sulla mia specie, ma apparentemente anche su me stesso. Non avevo mai avuto l’esperienza di leggere un libro come quello, che si rivolgeva al lettore in quel modo, e questo vale ancora per La scimmia nuda: non si può fare a meno di esaminarsi per vedere come (o se) si corrisponde alle osservazioni di Morris.

Saltai le parti che riguardavano l’evoluzione del pene, la missione segreta dei seni e gli indicibili benefici di essere nudi, ma mi ha lasciato di sasso quando lessi di come, a dispetto di qualche millennio di civilizzazione, il nostro lungo lignaggio a partire dai precursori delle grandi scimmie e dagli antenati ominidi aveva lasciato segni indelebili non solo sulla nostra anatomia, ma anche sul nostro comportamento.

L’idea che siamo il semplice sotto-prodotto di milioni di aggiustamenti evolutivi e che non siamo al vertice di una qualche creazione benevola è stata una rivelazione che all’uscita del libro fu scioccante per molti. Sì, era stato già scritto prima, ma mai in maniera così eloquente e mai puntando a un pubblico di non esperti. Finalmente, anche loro venivano invitati a condividere alcuni dei segreti più grandi e meglio mantenuti della nostra grande famiglia allargata.

Come scienziato, potrei dire ancora molto… naturalmente alcune delle idee contenute nel libro sono ormai datate ed errate, ma stiamo parlando di 50 anni fa e la scienza si muove a ritmi inesorabili. La lettura de La scimmia nuda può fare due cose: può accendere la scintilla di una mente indagatrice o – se vi lascia sbigottiti, ad esempio per le sue idee obsolete sui sessi – vi spinge a fare l’inventario delle vostre reali conoscenze, all’esercizio accademico, a vagliare tutte le vostre nozioni attraverso argomentazioni persuasive per cogliere l’allettante barlume di evidenze empiriche. Io sono passato dall’una all’altra cosa, Conservo ancora con affetto la mia copia, incastrata tra un libro sui babbuini e un trattato di patologia dello scheletro. La scimmia nuda è come un vecchio amico con cui sono cresciuto: mi sono reso conto non è perfetto come pensavo un tempo – ma ho deciso che è comunque fico abbastanza per continuare a frequentarlo.

Qualcuno lo ha preso davvero sul serio negli anni ’60?

Adam Rutherford è autore e presentatore del programma Inside Science e spara a zero sul libro di Morris.

Nelle ultime due settimane ho passato davvero troppo tempo a discutere di seni con altri uomini. Ho dimenticato com’è cominciata, ma c’era stata una valanga di corrispondenza su Twitter che sosteneva una di queste due affermazioni come un fatto scientifico: la prima era che i seni visibili in maniera permanente nelle femmine del genere umano (rispetto a tutte le altre scimmie, le cui mammelle si ingrandiscono solo durante l’allattamento o il calore) sono segnali per attirare i maschi. La seconda era che la funzione primaria dei seni fosse di attirare i maschi.

Quest’ultima sembra facile da confutare: un bambino che muore di fame sembra una pressione evolutiva ben più importante dell’eccitazione di un maschio adulto – i seni esistono per allattare i bambini. La prima argomentazione è invece più difficile da contestare. In natura ci sono meravigliose varianti di quelli che si chiamano “tratti sessuali secondari” – quelle parti del corpo o quei comportamenti che si sono evoluti per facilitare la scelta del compagno – la coda del pavone, ad esempio oppure le pergole dell’uccello giardiniere.

Per gli esseri umani, può sembrare ovvio che i seni rientrino in questa categoria e nei miei dibattiti online, in tutti i casi, le evidenze presentate traevano origine evolutiva ne La scimmia nuda: “Si pensa che le mammelle femminili ingrossate siano principalmente uno sviluppo legato alla maternità più che alla sessualità, tuttavia sembrano esserci poche prove al riguardo.”

La questione del perché siamo diversi dalle altre scimmie è valida. Al di là della funzione effettiva delle ghiandole mammarie nei mammiferi, le ragioni delle nostre differenze morfologiche sono certamente degne di studio. Morris prosegue: “La risposta spicca chiaramente come il seno femminile. I seni protuberanti, emisferici della femmina devono essere certamente copie delle natiche carnose, e le labbra rosse dai contorni netti devono essere copie delle labbra genitali.”

Qualcuno ha preso davvero sul serio questa roba negli anni ’60? Per me, si tratta solo di salaci congetture, di fantascienza erotica. Ed è proprio questo il problema fondamentale de La scimmia nuda: è un libro pieno di idee eccitanti che hanno scarsa validità scientifica. Nella scienza, l’attrattiva di un’idea non ha peso sulla sua veridicità. A volte vengono presentate anche come argomentazioni “di buon senso” – è ovvio, no?

Ma il buon senso è l’opposto della scienza – i nostri sensi ci ingannano di continuo, la nostra esperienza profondamente limitata ci fa deviare verso il pregiudizio. Nel caso della funzione di attrazione dei seni, si tratta di un’idea quasi per niente testata. Semplicemente non esistono dati. Forse i seni visibili sono un tratto sessuale secondario degli esseri umani. Sarebbe insolito, poiché in natura la maggior parte di questo tipo di tratti sono maschili, e non tutte le culture considerano i seni come erotici. Forse le tette hanno sostituito il didietro quando abbiamo assunto la posizione eretta? Non lo so, ma il punto è che nessuno lo sa. Oggi si potrebbero fare dei test con la genetica, definendo il gene coinvolto nello sviluppo del seno e cercando il genoma che lo ha selezionato. Ma non l’ha fatto nessuno.

Nella mia esperienza, gran parte del campo accademico di cui La scimmia nuda è emblematico – la psicologia evolutiva – è vittima di simili crimini scientifici. Lo chiamiamo “adattazionismo” o “panglossismo”, come il Dr Pangloss del Candido di Voltaire. Eterno ottimista, egli suggerisce che ci sia una ragione per tutto e che tutto abbia una ragione. Perciò i nostri nasi si sono evoluti per sostenere gli occhiali; abbiamo due gambe perché stanno bene con le dimensioni di un pantalone su misura. Per Morris, e per milioni di uomini su internet, il seno è attraente, perciò il suo scopo è di attrarre.

C’è molto da amare in questo libro. Le sue descrizioni della fisiologia in mostra durante le varie attività umane sono accurate, dettagliate e geniali. Posizionarci come animali e sotto gli auspici della selezione naturale è felicemente darwiniano. La scimmia nuda è stato un successo colossale – 20 milioni di copie vendute, un numero sorprendente per un libro che tratta apparentemente dell’evoluzione umana. I suoi fan sostengono che il suo reale valore stia nelle divulgazione scientifica. Il problema è, ed è sempre stato, che non è scienza. È solo un libro di storie.

Fonte: The Guardian