La Nuova Zelanda, si sa, è una terra di pionieri – non solo dal punto di vista geografico e territoriale, ma anche e soprattutto in fatto di idee. Questa nazione relativamente giovane – ha poco più di 100 anni – è stata infatti la prima a riconoscere il voto alle donne, è lo Stato con la più giovane donna a capo di un governo, è da sempre la più attiva in fatto di politiche economiche a minimo impatto ambientale. Oggi può vantarsi anche di essere la prima nazione ad avere una foresta riconosciuta come persona giuridica.
La foresta in questione, Te Urewera, è la prima risorsa naturale al mondo ad aver ottenuto questo riconoscimento. La sua integrità viene protetta da una tribù locale dal nome evocativo (i “figli della nebbia”): poco più di 40.000 anime che proteggono questo angolo di paradiso attraverso antiche pratiche maori, che prevedono una stretta connessione tra la natura e gli esseri umani che in essa vivono, come parte integrante. I Tūhoe proteggono la forza vitale della foresta, dei suoi fiumi e dei suoi laghi; osservano e tengono sotto controllo la flora e la fauna, spingendosi fino a pratiche aborrite dagli animalisti; contingentano l’afflusso di turisti per limitarne l’impatto sull’ambiente.
Un lavoro costante, fatto di cure amorevoli e di rispetto, secondo le tradizioni maori: forse per questo il Governo neozelandese ha affidato loro questo ex parco nazionale dopo 70 anni di gestione diretta. Ma i figli della nebbia vogliono fare di più. Vogliono cambiare la nostra percezione della natura e farci capire che la foresta è molto più di una risorsa da godere e gestire: è un sistema vivente, da cui dipende la sopravvivenza, la cultura e l’ispirazione di altri sistemi.
Per questo incoraggiano i visitatori a rinunciare alle foto ricordo e ad ascoltare piuttosto le storie della popolazione locale, magari all’interno di una marae; a passeggiare nei sentieri alla scoperta degli animali autoctoni; a conoscere le attività economiche tradizionali, nel pieno rispetto dell’ambiente.
Il riconoscimento di persona giuridica alla foresta forse vuol dire proprio questo: riconoscerle un’identità fisica, ambientale, culturale e spirituale. E ciò poteva avvenire solo in quello che viene considerato il Paese più progressista del mondo, nato non dalla conquista, bensì da un patto (seppur discutibile) tra coloni e popolazioni locali, dove i valori fondanti di eguaglianza, correttezza ed onestà sono ancora all’ordine del giorno.
Oggi la Nuova Zelanda è anche il primo paese coronavirus-free, un dato su cui riflettere da tanti punti di vista. Peccato che sia così lontana – o forse, per fortuna. Kia ora.
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