Se è vero che il pane è vita, in questo momento così particolare questo cibo semplice, alla base della dieta in ogni tempo e luogo, è stato la nostra salvezza. Non solo dalla fame – qui andrebbe aperto un altro doloroso capitolo – ma anche dagli squilibri mentali che mesi e mesi di clausura forzata avrebbero potuto comportare.
Panificare, lievitare, impastare è stata infatti una delle attività predilette di chi si è ritrovato chiuso in casa durante il lockdown. Ha fatto la fortuna dei produttori di lievito. Le mamme ci hanno tenuto impegnati i figli. Gli habitué della vita mondana ci hanno riempito giornate intere. Anche i più insospettabili sanno ormai tutto di lieviti, bighe e pirlature e, armati di trucchi e suggerimenti che abbondano su web e social, hanno sfornato pagnotte, filoni e ciambelle a più non posso, con buona pace della linea.
Come mai tanto successo?
Gli psicologi non si sono ancora scatenati nell’analisi del fenomeno che, va detto, non riguarda solo noi, ma un po’ tutto il mondo. Non serve uno scienziato, però, per comprendere l’effetto rilassante, anti-stress, che può derivare da un’attività manuale.
Ma l’elemento principale alla base di tanta popolarità è la gratificazione che deriva dalla contemplazione della propria creazione, anche se con il minimo sforzo, pesando un po’ di farina e facendo partire una planetaria.
Secondo gli esperti, la riuscita di piccole imprese che comportino una fase creativa è il modo migliore per renderci felici. Inoltre, secondo alcune ricerche, anche i semplici meccanismi che intervengono nell’azione del cucinare avrebbero di per sé effetti benefici: affettare, impastare, mescolare, sono gesti ripetitivi che ci aiutano ad allentare la tensione. Gli studi arrivano persino ad affermare che nelle persone che si dedicano alla cucina, l’attivazione del sistema sensorio contribuisca a stimolare le funzioni della memoria.
Di certo cucinare ci ha aiutato a restare connessi con il resto del mondo, una socialità surrogata ma essenziale, e visto che molti novelli panettieri hanno manifestato l’intenzione di continuare ad esplorare le segrete bellezze dell’arte culinaria, sarà interessante osservare, fra qualche anno, quali saranno gli effetti sulla vita familiare e sociale, e sul benessere dell’individuo in generale.
Cucinare continuerà a essere una buona via di fuga per superare questo momento buio, ma ci auguriamo che insieme ad altre forme di creatività – la scrittura, il disegno, la musica, la danza – entri a fare parte di quei piccoli piaceri quotidiani che non dovremmo mai dimenticare di concederci e che tanto possono fare per il nostro equilibrio psichico e per la nostra serenità.
Foto di Devanath da Pixabay