Giorno della memoria

Giorno della memoria, l’inadeguatezza delle parole

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Smettiamo di chiamarlo Olocausto. “Io uso questo termine malvolentieri, perché non mi piace. Filologicamente è sbagliato”, dice Primo Levi in una delle sue ultime interviste, pubblicata nel libro Le parole di un uomo di Milvia Spadi. Parole difficili da trovare, parole da ricordare, nel Giorno della memoria.

Olocausto, dal greco, è l’offerta che veniva fatta agli dei, il fuoco sacro in cui venivano bruciati gli animali votivi. Non c’era nulla di sacro nel “fuoco” che ha bruciato milioni di ebrei. È stata una carneficina, senza trascendenza e senza offerta. Olocausto è una sacralizzazione soltanto successiva: la necessità di trovare un senso all’enormità del fatto.

Mai come dinanzi all’orrore e al dolore, le parole diventano inefficaci, limitanti. Denotano quel che sfugge alla ragione, riducono quel che invade il sentimento. Eppure, proprio al “trovare” le parole giuste ha dedicato il suo massimo sforzo lo scrittore Primo Levi, sopravvissuto ad Auschwitz e morto, probabilmente suicida, in una fredda Torino del 1987.

Autore di Se questo è un uomo, La tregua, I sommersi e i salvati, La chiave a stella, soltanto per citare i titoli più noti, Primo Levi ha mutuato dalla sua professione di chimico la precisione: “c’è una differenza in cui la quantità diventa qualità”. Assimilare un’esperienza ad un’altra, solo perché ambedue dolorose, è riduttivo.

Nessuna esperienza è assimilabile allo sterminio degli ebrei: “quella del KZ (perché dire “campo” è una cosa diversa, c’erano i campi di lavoro, campi di prigionieri militari, che erano diversi) è un “unicum” nella storia dell’umanità e vale la pena parlarne come un “unicum”, mai ripetuto finora; neppure in Cile, neppure in Argentina al tempo degli scomparsi, neppure in Algeria al tempo della Francia, forse solo in Cambogia.

Per quello che ne sappiamo, l’unico esempio di genocidio – perché questa è la parola – è avvenuto in Cambogia. È colpa nostra se ne sappiamo così poco. È colpa nostra, perché avremmo potuto leggere meglio, saperne di più consultando i pochi libri che sono usciti sull’argomento. Non lo abbiamo fatto per pigrizia mentale, per amore del quieto vivere, approfittando della scarsezza delle informazioni date dalla stampa”.

Trovare e usare le parole giuste non è un esercizio di stile. È una questione di sostanza. Significa testimoniare al mondo una verità.

Testi di riferimento:

  • Milvia Spadi, Le parole di un uomo. Incontro con Primo Levi, Di Renzo Editore, Roma 2003.
  • Primo Levi, Se questo è un uomo, Einaudi, Torino 2014.
  • Primo Levi, La tregua, Einaudi, Torino 2014.
  • Primo Levi, I sommersi e i salvati, Einaudi, Torino 2014.
  • Primo Levi, La chiave a stella, Einaudi, Torino 2014.

Per una ricostruzione storica dello sterminio nazista:

  • Raul Hilberg, La distruzione degli ebrei d’Europa, Einaudi, Torino 2017.
  • Johann Chapoutot, La legge del sangue, Einaudi, Torino 2016.
  • Hannah Arendt, La banalità del male, Feltrinelli, Milano 2013.
  • Ernst Nolte, L’eredità del nazionalsocialismo, Di Renzo Editore, Roma 2003.
  • George Mosse, La nazione, le masse e la nuova politica, Di Renzo Editore, Roma 1999