Ieri è stata per me una di quelle giornate in cui ci sente testimoni diretti di eventi storici. Non so se vi è mai capitato. Noam Chomsky è uno delle persone più importanti della storia dell’umanità, questo credo sia difficile confutarlo. “Una delle 10 fonti più citate di sempre“, c’è scritto sempre nei suoi libri. È a Bologna per il conferimento, nel pomeriggio, della laurea honoris causa in psicologia.
Ma prima un incontro con gli studenti, nella mattinata, da lui voluto. Arriva, il guru che non vuole esserlo, nella piccola aula magna di psicologia dell’Università di Bologna. Ha le minutissime mani in tasca. 77 anni. Jeans e maglioncino blu da cui spunta un colletto di camicia.
Sorride, si avvia alla cattedra da cui parlerà dalle 11.30 alle 13, ininterrottamente. L’aula sembra crollare, tanta gente si accatasta, in ogni modo, per esserci. Intanto, fra di noi, sono arrivati Beppe Grillo e Stefano Benni.
Benni si siede per terra. Grillo, con la moglie si siede in mezzo alla gente, in seconda fila.
Il tema della lezione è “Mass media e terrorismo“. E il professore, senza l’ombra di un appunto sotto mano, dice sostanzialmente questo – con qualche mia nota fra parentesi:
Per capire i legami fra mass media e terrorismo basta leggere i giornali del mattino. Oggi, per esempio, su La Repubblica, ci sono 7 pagine dedicate a Terry Schiavo e alla cultura della vita di Bush (risate fra il pubblico per quest’ultimo ossimoro sottolineato da Chomsky con un amaro sorriso).
A pagina 18, invece, se andate a vedere, ci sono 10 righe dedicate ai bambini affamati in Iraq (frusciare di pagine per l’aula).
Negroponte è stato condannato come terrorista e adesso è il capo dell’antiterrorismo. Fu ambasciatore in Honduras negli anni ’80. Gestiva la più grande centrale della CIA, in cui si addestravano i terroristi che poi sarebbero andati in Nicaragua per colpire i cosiddetti “soft target” – cioè civili, ospedali, etc. Il Nicaragua, secondo la norma, avrebbe dovuto reagire con la forza agli Usa, ma invece decide di intraprendere una strada legale, citando in giudizio gli Stati Uniti, che però si sono sempre rifiutati di apparire per crimini terroristici in corte di giustizia.
La Corte obbliga gli Usa a interrompere gli attacchi ai civili e a pagare una multa per quello che aveva fatto fino ad allora. Gli USA non hanno accettato e, anzi, aumentarono l’intensità degli attacchi. Il Nicaragua ha continuato la sua battaglia legale, vincendo sempre, nei tribunali. Ma tutto è finito in niente, e Negroponte è uno dei più grandi terroristi al mondo che è stato condannato. Questo è ciò che La Repubblica avrebbe dovuto scrivere.
Alla fine gli Usa, con la loro economia neoliberista, hanno in pugno il Nicaragua, che ha la maggior parte dei bambini con problemi psichici e di malnutrizione, quindi anche fisici. Se ci fossero conservatori, in Occidente – ma non ci sono – dovrebbero riparare ai danni fatti in Nicaragua. Se ci fosse qualcuno interessato alla “cultura della vita”, invece di preoccuparsi di Terry Schiavo si dovrebbe occupare di questi bambini malnutriti, e di tutti i bambini in guerra. Terry Schiavo volevano tenerla in vita per motivi politici.
Stati Uniti, Gran Bretagna, Italia… le preoccupazioni per il terrorismo sono inesistenti, e quelle per “cultura della vita” sono sotto zero. Esiste una lista degli stati che appoggiano il terrorismo. Nell’82 l’Iraq fu tolto da questa lista perché riceveva aiuti dagli Usa, e chi si occupò degli aiuti fu Donald Rumsfeld. Gli aiuti erano in realtà per supportare l’industria americana. Saddam era molto utile per mantenere un equilibrio in cui potersi arricchire.
Tolto l’Iraq da questa lista rimaneva un buco, così ci misero Cuba, che è l’obiettivo di tanto terrorismo internazionale. Robert Kennedy condusse una campagna contro Cuba per portarcelo, il terrorismo. Gli Usa sono un paese libero, nel senso che passato un certo tempo documenti prima segreti vengono messi a disposizione (e Chomsky se li è letti sempre tutti, questi documenti, al contrario dei giornalisti che dovrebbero farlo di mestiere). La colpa di Cuba era di esistere. Robert Kennedy assegna alla CIA questa operazione con la priorità massima. Ed è l’antefatto della crisi missilistica che ne è seguita.
Ci fu un attentato alla Cuban Air. I due che lo eseguirono riuscirono a scappare miracolosamente in Venezuela. Uno è stato poi uno dei dirigenti delle operazioni in Nicaragua, l’altro è stato perdonato da Bush Primo e vive tranquillamente in Florida.
La Siria è sempre stata contro il terrorismo, ed è riuscita a raccogliere, nel tempo, informazioni molto importanti. Ma è come Cuba… si è messa in mezzo alla politica estera americana, e quindi è uno stato terrorista.
Per definizione (by definition – lo dice con un tono ironico, come se stesse dicendo una regola di logica matematica). Il fatto è che la Siria si è rifiutata di dare i territori del Golam a Israele, su proposta di Clinton per farla uscire dalla lista nera (una specie di ricatto…). E quindi è ancora nella lista.
Questa cosa importantissima i giornali non l’hanno detta. E’ un esperimento che potrete fare anche coi giornali di domani.
(Finisce di parlare. Da qui in avanti risponde alle domande, che non riporto perché si capiscono dalle risposte.)
Non credo che l’America attaccherà mai l’Iran. La mia impressione è che gli Usa è molto improbabile che attacchino un paese in grado di difendersi. L’Iraq ci insegna che una nazione è bene che sviluppi armi nucleari per difendersi dagli Usa.
Quando una nazione dichiara guerra al terrorismo è perché vuole, in breve, fare attacchi terroristici in grande scala.
Per capire l’importanza dei media:
Ancora adesso la metà della popolazione americana crede che l’Iraq avesse armi di distruzione di massa, nonostante il governo abbia ammesso che non n’erano.
E crede anche che la maggior parte degli europei, come Berlusconi (sorriso) sostenga la guerra in Iraq.
I media creano continua paura sugli attacchi terroristici. Sentendosi minacciate le persone accettano molto più facilmente i gravi problemi economici del paese, come la riduzione dei salari, la spesa sociale in forte calo e la vita che peggiora. La gente non deve pensare a ciò che viene fatto loro, ma a qualcos’altro. Ecco il terrorismo.
I media europei sono molto subordinati ai media Usa, vedi anche il caso di Terry Schiavo, che è stato un caso di puro cinismo politico (applausi scroscianti).
Il destino delle Nazioni Unite? Dipende se le nazioni occidentali diventeranno democrazie.
Con queste parole pesanti chiudo il resoconto, più fedele possibile, della sua lezione. Oggi ho fatto i compiti che Chomsky ci ha assegnato. Ho letto La Repubblica. L’esempio più lampante di manipolazione, indovinate un po’, l’ho trovato nella sezione del giornale di Bologna, riguardante proprio Chomsky e la sua lezione mattutina.
Uno scandalo, anzi due. Come è possibile che a un evento del genere siano dedicate tre colonne delle sezione della provincia di Bologna e non nella parte nazionale?! (il quotidiano oggi dedica 28 pagine al Papa, come se il mondo si fosse fermato in attesa ch’egli, poveretto, diparta).
Relegarlo lì è come censurarlo. Quindi è come affermare tacitamente che Chomsky ha ragione. Chi di voi è della zona potrà facilmente paragonare le parole sopra riportate e le parole riportate, invece, nell’articolo indolore che fa Michele Smargiassi. Si chiama manipolazione e cattiva fede.
Vedrete da soli il perché, soprattutto nell’ultima parte. Per il resto: Chomsky era in Italia, e oggi praticamente nessun giornale se ne è occupato. Tutto fila.
Poi la cerimonia solenne della laurea honoris causa alle 16, in aula magna. Col vostro Peter che si infila nell’aula absidale dove i professori si stavano vestendo, aspetta che Chomsky scenda da uno spogliatoio separato, col rettore, si infila fulmineo fra Chomsky e i fotografi e si fa firmare i suoi amati libri.
Scambio di sorrisi. Grazie mille. Grazie a te. Poi la cerimonia. E la lettura della sua lezione dottorale intitolata “Gli universali della natura umana”, in cui passa dalle sue teorie linguistiche all’uso che del linguaggio se ne può fare per motivi politici.
Mentre parlava avevo i brividi, perché capivo cosa stavo sentendo e da chi. E ce li ho ancora adesso. Mentre metto, con un certo malessere, l’ultimo punto.
Peter, Devil’s Trainers, “PoliCultura”, sabato 2 aprile 2005