Oggi si celebra la Terza Giornata Nazionale dello Spazio per ricordare il 15 dicembre del 1964 che fu una data storica per l’Italia, che entrò a far parte del ristretto club delle nazioni capaci di lanciare un satellite artificiale nello spazio dopo Unione Sovietica e Stati Uniti.
Il satellite, chiamato San Marco 1, era il risultato di una collaborazione tra il Centro Ricerche Aerospaziali (CRA) dell’Università di Roma e la NASA statunitense. Il lancio avvenne dalla base di Wallops Island, in Virginia, con un razzo Scout.
Il San Marco aveva la forma di un ottaedro troncato, pesava 115 kg e portava a bordo strumenti per misurare la densità dell’atmosfera terrestre. Rimase in orbita per 66 giorni, trasmettendo dati utili alla ricerca scientifica e alla tecnologia spaziale e fu il primo di una serie di cinque satelliti italiani dallo stesso nome, in onore del santo patrono di Venezia e della scuola navale italiana.
Tutto questo fu possibile grazie al genio e alla visione di Luigi Broglio, Generale dell’Aeronautica Militare, preside della Scuola di ingegneria Aerospaziale di Roma e padre dell’astronautica italiana, personaggio del calibro di Guglielmo Marconi ed Enrico Fermi perché – come loro – protagonista indiscusso del progresso scientifico italiano del secolo scorso.
Grazie a lui, infatti, l’Italia riuscì non solo nell’impresa di lanciare un proprio satellite, ma anche a inaugurare la prima base di lancio equatoriale su piattaforma marina del mondo, al largo delle coste del Kenya.
Abbiamo chiesto a Giorgio di Bernardo Nicolai, giornalista aerospaziale, scrittore e divulgatore scientifico per Rai – Radiotelevisione Italiana e altre testate, di raccontarci chi era Luigi Broglio. Ecco il suo racconto.
La vita mi ha concesso l’onore di conoscere e frequentare Broglio negli ultimi anni della sua vita. Da questa frequentazione è nato un libro (Nella nebbia in attesa del sole) che di fatto è il suo testamento spirituale, nel quale Broglio si apre e racconta come non aveva mai fatto prima, parlando non solo del programma San Marco, ma anche del suo modo di vedere il mondo. E, come sempre, per me è un onore parlare di lui.
Cosa aveva di straordinario Broglio?
Broglio sapeva convincere gli altri della bontà delle sue idee e aveva una capacità fuori dal comune di ottenere il massimo dai pochi mezzi che aveva a disposizione, spesso riciclati, non vergognandosi di farsi regalare tutto quello che poteva per realizzare i suoi progetti contenendo i costi.
Per esempio, nella mente di Broglio il programma San Marco nasce il giorno del volo di Gagarin, primo astronauta della storia, nel 1961. L’annuncio fu dato nel corso di un convegno a Firenze dal rappresentante russo che, piangendo per l’emozione, annunciò che l’Unione Sovietica aveva lanciato un uomo nello spazio.
Per gli americani fu un colpo durissimo e Broglio approfittò della situazione: la sera portò la delegazione americana a mangiare pappardelle alla lepre accompagnate da un buon Chianti e quando vide che era il momento giusto disse: “voglio fare una base di lancio su una piattaforma marina messa sull’equatore! Mi aiutate?”. Gli americani lo presero per matto, perché non ci erano riusciti, ma poi lo aiutarono regalandogli una piattaforma da sbarco, che divenne la base di lancio San Marco.
In un’altra occasione conobbe Enrico Mattei, alla presentazione della piattaforma petrolifera Perro Negro. Fecero subito amicizia e Broglio gli chiese se gli avrebbe regalato quella piattaforma, Mattei rispose che le piattaforme erano fatte per essere vendute e non per regalarle. Ma poi gli donò una piattaforma più piccola, dove Broglio costruì il centro di controllo e gli alloggi per la squadra di lancio, la Santa Rita. Nel 1967 riuscì così ad effettuare il primo lancio al mondo da piattaforma e dall’equatore.
Il primo lancio del Programma San Marco però lo aveva già effettuatonel 1964 dalla base statunitense di Wallops Island, con una squadra italiana. Il satellite si chiamava San Marco 1, ma è noto anche come “Bilancia di Broglio”, perché ideato da lui e scelto dagli americani per effettuare le prime misurazioni di precisione dell’alta atmosfera, fino ad 800 chilometri di quota.
Difatti, Broglio era molto conosciuto in America fin dagli anni Cinquanta, quando fu invitato ad insegnare in un’università americana, la Purdue University. Allora si occupava di aeronautica ed era tra i migliori al mondo. In quel periodo fece molte amicizie, compresa quella con Dryden, che poi divenne amministratore della NASA. Era tanto apprezzato che gli offrirono la cittadinanza americana e un posto da docente all’Università, ma rifiutò perché si sentiva in debito con l’Italia che gli aveva permesso di studiare e fare tante ricerche.
La dedizione all’Italia, l’onestà e la fede
In effetti Broglio mi disse più volte che tutto quello che aveva fatto lo aveva fatto per il nostro Paese e si dispiaceva di non aver fatto ancora di più. “Mio padre – mi raccontò una volta – voleva che facessi il medico. Tante volte, negli anni, mi sono chiesto se avrei potuto fare più del bene seguendo i suoi suggerimenti. A mia scusante c’è da dire che tutto quello che ho fatto, ho sempre cercato di farlo pensando al bene degli altri e al prestigio del nostro Paese”.
“Comunque – aggiunse – quello che ho fatto, l’ho fatto perché ci credevo, pagandone il prezzo in prima persona: per esempio, sono portato a lavorare da solo. Eppure, per creare una scuola, una cultura, una tecnologia, ho accettato di fare anche cose amministrative che non amo e ho abbandonato un campo, quello aeronautico, di cui ero padrone, per entrare in un mondo nuovo di cui non sapevo nulla”.
Poi, Broglio era un uomo di grande onestà e di grande fede. Non a caso le due piattaforme le chiamò Santa Rita, la santa delle cose impossibili, e San Marco, protettore delle operazioni in mare, e attribuiva all’intervento dei due santi il successo di questo incredibile programma.
Riguardo la sua onestà, basta una semplice citazione, una frase detta con noncuranza mentre prendevamo un tè: “Non voglio sentire odore di mazzette – mi disse – né avere a che fare con persone di diversa qualità”. Le mazzette lo disgustavano al punto che non solo non volva vederle o toccarle, me nemmeno sentirne l’odore!
Fu aiutato dalla politica?
In quel periodo storico, in Italia non pochi erano i politici illuminati e diversi aiutarono Broglio: “Per esempio – mi citò Broglio – La Pira, Fanfani, Andreotti, Moro, Spadolini e, in una certa misura, Colombo”.
“Quando proposi il progetto nell’agosto del 1961 – mi disse -, ci fu una riunione alla quale parteciparono tra gli altri Andreotti, Segni, Taviani e Pella. Andreotti dopo aver parlato delle difficoltà che l’Alitalia incontrava nell’essere autorizzata a fare dei voli verso gli Stati Uniti, raccontò che ogni volta che andava negli USA gli parlavano del San Marco, e che la NASA stessa era felice di appoggiare il programma. Poi diedero la parola a me ed io gli spiegai l’idea alla base del programma. Alla fine, furono tutti d’accordo e accettarono il programma”, dimostrando di essere informati e aperti verso le questioni spaziali. Oltretutto, proseguì, “il programma era molto rischioso, se si pensa che tutto era in mano a persone che si occupavano di astronautica per la prima volta e che, per la prima volta al mondo, si tentava di mettere un poligono in mezzo al mare. Anche lo strumento che proponevamo di usare (la “bilancia di Broglio”, nda) era a rischio, perché non si poteva collaudare a terra. Eppure, furono tutti favorevoli”.
Come era di carattere?
Mite, schivo, molto gentile, anche se sul lavoro mi dicono che fosse molto determinato e direttivo. Del resto, non avrebbe potuto fare quello che ha fatto se non avesse avuto il coraggio di assumersi responsabilità e prendere decisioni.
Ma nel privato era un’altra persona. Ogni volta che andavo da lui, mi accoglieva sulla porta di casa e mi accompagnava in salotto, dove facevamo l’intervista (ogni volta su un particolare della sua storia e di quella del San Marco). A fine intervista, mi offriva sempre una tazza di tè e facevamo una chiacchierata. In quei momenti parlavamo di tutto: scienza, politica, religione, etica, fisica e misteri non ancora svelati dell’universo.
Poi ci salutavamo, e mi accompagnava alla porta. Nel salutarmi, le sue ultime parole erano sempre le stesse: “Tanti saluti alla sua signora moglie”. Quando mia moglie rimase incinta, mi chiese che nome avremmo messo al bambino. Luca, risposi. Poi non ne parlammo più, ma la prima volta che tornai dopo il parto, mi fece trovare una scatolina. All’interno, un braccialetto d’oro con il nome Luca inciso. Eppure, quel nome non lo avevo più fatto!
Nonostante l’età, era quasi novantenne, mi capitava durante la bella stagione di trovarlo nel suo piccolo giardinetto a sviluppare equazioni su fogli di carta sparsi su una seggiola e un piccolo tavolinetto. Una volta gli chiesti cosa stesse mai facendo. “Massa inerziale e massa gravitazionale – mi rispose – non coincidono perfettamente e cerco una soluzione”.
Come definire un uomo così? Lascio a voi il compito di trovare parole adeguate!
Scritto da Giorgio di Bernardo Nicolai