Alle ore 15:45 (ora locale U.S.) del 6 febbraio 2018 – con due ore di ritardo sul programma – Falcon Heavy è partito dalla piattaforma 39-A di Cape Canaveral (Florida).
Si tratta della prima “missione” spaziale – sebbene solo dimostrativa – organizzata da un privato: Elon Musk, miliardario sudafricano naturalizzato americano, fondatore della Tesla e cofondatore di Paypal, nonché creatore della SpaceX.
Scopo della missione era portare in orbita una Tesla Roadster rosso fiammante con alla guida un manichino di astronauta regolarmente vestito di tuta spaziale.
Ovviamente, il vero intento della spedizione è dimostrare alle agenzie spaziali nazionali l’affidabilità di un progetto privato che si propone di ridurre i costi recuperando i materiali di lancio e rendendo accessibili e commerciali, anche per i singoli privati, i viaggi interspaziali.
Il professor Francesco Paresce – fisico e astronomo italiano, oltre che nipote del grande scienziato Guglielmo Marconi – ha diretto come responsabile scientifico numerose missioni spaziali della NASA, dell’ESA e dell’ESO, tra le quali ricordiamo la messa in orbita del telescopio Hubble. Con Di Renzo Editore ha pubblicato “Tra razzi e telescopi. La vita nell’Universo”.
Professore, che ne pensa di questo coinvolgimento dei privati nelle missioni spaziali? L’entusiasmo basterà a garantire i livelli di sicurezza e tecnologia delle collaborazioni scientifiche tra Stati?
“Sono entusiasta del successo strepitoso raggiunto ieri da Elon Musk e lo sono per due ragioni. La prima riguarda proprio la personalità di Musk come imprenditore privato. Ha avuto infatti il coraggio e l’intelligenza di portare avanti instancabilmente un progetto difficile e rischioso, soprattutto di fronte allo scetticismo generale di coloro che non potevano neanche immaginare di competere con i padroni del volo spaziale tipo NASA, ESA e altre agenzie nazionali. In questo, Elon sembra seguire le orme di mio nonno Guglielmo, che ha sfidato il mondo tecnico-scientifico dell’epoca, sicuro che non si potesse comunicare via wireless.
La seconda ragione nasce dalla constatazione che ormai gli enti spaziali nazionali o internazionali hanno subito una temporanea battuta d’arresto, almeno per quello che riguarda la creatività nel progettare e portare a compimento esperimenti veramente innovativi nel campo dei trasporti spaziali. Il successo della compagnia Space X e del programma Falcon Heavy, infatti, va molto più in là di un semplice razzo con un solo potente motore e prevede un impianto complesso di 27 motori con un booster centrale e tre booster laterali. Ma non basta. I booster laterali tornano a terra sani e salvi per essere usati di nuovo e il booster centrale atterra su una piattaforma in mezzo al mare. Solo quest’ultima manovra non è riuscita ieri, ma era riuscita altre volte in passato con il Falcon 9. Un’impresa incredibile, per una piccola compagnia privata!
L’entusiasmo da solo certamente non può portare al successo in questo campo, ma la fenomenale competenza tecnica dimostrata dalla squadra di Musk, ieri e nei lanci precedenti del Falcon 9, mi permette di essere molto ottimista sulla sicurezza e sulla versatilità dei futuri lanci con questo vettore”.
Quali sono i rischi e quali gli elementi che possono apportare miglioramenti all’industria spaziale?
“I rischi sono quelli propri di qualunque progetto nello spazio, dal momento che il vero e proprio programma di trasporti spaziali su scala commerciale è ancora in una fase iniziale. Siamo al livello delle prime macchine di massa, come le Ford prodotte negli Stati Uniti o le macchine a guida automatica di oggi. Tutti problemi che si risolvono solo con il tempo e con una continua sperimentazione”.
Perché l’esplorazione spaziale negli ultimi decenni si è arenata?
“Non si è arenata, siamo entrati in una fase di riassestamento e di riconsiderazione delle possibilità future. Intanto però tutti continuano a lavorare con entusiasmo a centinaia di ambiziosi progetti tecnico-scientifici nello spazio. Le sonde dirette ai pianeti solari continuano a lavorare a pieno ritmo, il nuovo Hubble (JWST) – che avrà un diametro di tre volte superiore a quello di Hubble – è attualmente in fase avanzata di costruzione e verrà lanciato da un razzo Ariane, dalla Guyana, nella primavera del 2019. Gli Indiani, i Russi e i Cinesi continuano a lanciare satelliti verso la Luna e Marte. Per non parlare dei vari progetti in corso d’opera da parte di altri privati visionari che affollano le basi di lancio. Con Jeff Bezos, per esempio, e la sua compagnia Blue Origin si prevede un futuro in cui milioni di persone viaggeranno tra la Terra e i pianeti. Planetary Resources vuole sfruttare i minerali di un asteroide e Moon Express progetta un traghetto alla volta della Luna”.
Lo spazio è davvero un business conveniente? Cosa si aspetta Elon Musk da questa iniziativa?
“Cosa pensava Henry Ford quando progettava le sue fabbriche di automobili nei primi anni del secolo scorso? O Marconi quando costruiva le prime stazioni radio? Che non fosse un business conveniente? Elon guarda al futuro anche abbastanza prossimo esattamente come loro e intuisce un boom del trasporto fuori dalla Terra. Un giorno, forse, partiremo in esplorazione e ce ne andremo a colonizzare il nostro sistema solare usando anche le sue macchine TESLA elettriche!”.
Da esperto del settore, lavorerebbe a un progetto come quello di Elon Musk?
“Sicuramente, benché da astrofisico sono più propenso a rimanere a terra per guardare l’universo attraverso un telescopio spaziale. Ma posso facilmente immaginare che tra poco riusciremo a fare la stessa cosa e meglio dalla Luna o da Marte. Se avessi lavorato al progetto Falcon Heavy, avrei cercato di convincere Elon a dotare il manichino e la sua TESLA di una bella macchina fotografica, che avrebbe potuto trasmettere le scene incredibili viste dal satellite nella sua orbita attorno al Sole”.