Da anni la psicologia – e oggi le neuroscienze – studiano l’origine della curiosità, elemento così importante nello sviluppo evolutivo, alla quale si deve non solo la sopravvivenza dell’uomo, ma anche la crescita in termini di cultura e di valori.
I risultati di uno studio pubblicato su Science hanno messo in luce una possibile origine biologica della curiosità, anche se per il momento le indagini sono state condotte sul cervello dei topi. Un gruppo di ricercatori di un istituto olandese di neuroscienze ha infatti valutato con una serie test l’entità dell’interazione di alcuni topi con oggetti nuovi o familiari, osservandone contemporaneamente l’attività cerebrale.
I ricercatori hanno così individuato un gruppo di neuroni nella cosiddetta “zona incerta” del cervello: una parte poco studiata, situata nel subtalamo, che sarebbe coinvolta nella gestione del dolore e la cui stimolazione ha mostrato effetti promettenti per la terapia della malattia di Parkinson.
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I neuroni così individuati sembrerebbero avere il compito di motivare i topi a indagare nuovi oggetti e a interagire con i loro simili appena conosciuti. Le osservazioni sembrano inoltre dimostrare che questi neuroni assegnano alle nuove esperienze un valore indipendentemente dall’esito previsto, favorendo comportamenti esplorativi e inibendo la parte del cervello che risponde ai pericoli.
I risultati ottenuti dai ricercatori olandesi confermano quelli di studi precedenti condotti sulle scimmie, tuttavia sono ancora ben lontani dal dimostrare l’origine biologica della curiosità.
L’importanza della curiosità è però indubbia, e conoscere i meccanismi – biologici o psicologici – che ci spingono a indagare ciò che non conosciamo potrebbe portare a scoperte fondamentali per comprendere le funzioni cognitive che ci caratterizzano, come l’intelligenza e la creatività.
Foto di Lubos Houska da Pixabay