Cosa sono i sogni

Cos’erano i sogni prima di Freud?

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Cos’erano i sogni prima di Freud? Forse la gente non sognava? Tutt’altro, ma le ipotesi interpretative andavano dalle più misticheggianti, in cui il sogno era considerato il messaggio degli dei o degli inferì, a quelle di natura fisiologia più improbabili, per cui sognare sarebbe stato l’effetto di indefiniti umori o di strane alchimie. L’abitudine predominante era quella di assegnare alle visioni oniriche un significato strettamente letterale, sebbene incomprensibile, e al pari delle profezie di Nostradamus esse avevano una chiara valenza anticipatoria. In quanto visioni “magiche”, predominava un intrinseco valore predittivo.

A sostegno di tale impostazione si levavano le voci più attendibili, da Artemidoro a Schopenhauer, quest’ultimo autore di un affascinante Saggio sulla visione degli spiriti, di cui il sogno era – appunto – una delle possibilità prese in esame.

Ma dalla pubblicazione della Interpretazione dei sogni di Freud, che festeggia i sui centosedici anni, assistiamo a una rivoluzione radicale dei consueti usi e costumi, in ragione della quale nasce una vera e propria “scienza” onirica.

Le immagini emerse dalle tenebre sono sì aspetti simbolici, ma non tanto di un’entità divina rivelata, quanto della nostra interiorità e dei suoi conflitti. Pertanto, quali manifestazioni “inconsce” del tutto personali, esse diventano ascrivibili al regno dell’umano e il loro significato è desumibile dalla costellazione psichica di ognuno di noi.

Il sogno diventa – come scriveva Freud – la “via regia per l’inconscio”, ma soprattutto un fenomeno prettamente umano. Potremmo persino azzardarci a dire che la crisi della religiosità moderna, spesso imputata all’ateismo della psicoanalisi, nasce proprio nel momento in cui la sacralità del sogno viene sottratta agli dei.

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Giacché gli anniversari, inevitabilmente, richiamano alla necessità di fare bilanci, dobbiamo ammettere che molto di ciò che scriveva Freud, centosedici anni fa, può considerarsi sorpassato. In particolar modo, talune versioni psicofisiologiche presentate da Freud come spiegazione del meccanismo onirico sono state contraddette dalle più moderne ricerche nel campo delle neuro-scien­ze.

Basta dare uno sguardo al saggio di J. Allan Hobson – Sogna­re. Una nuova visione mente-cer­vello – per vedere quanti e quali progressi siano stati fatti in materia.

Ma le confutazioni più forti sono venute proprio dalla psicoanalisi stessa e, nello specifico, dalla psicologia analitica di Carl Gustav Jung.

Prima fra tutte, l’idea secondo cui i sogni non maschererebbero i contenuti latenti della nostra psiche, bensì li rivelerebbero, lasciando chiari indizi della nostra più intima natura.

In secondo luogo, va sempre ascritto a Jung il merito di aver in certo qual modo spezzato gli schematismi legati alla pretesa di universalizzare il simbolo onirico. Se Freud infatti, per via del suo rigore scientifico, aveva tentato di classificare, uno a uno, tutti i simboli, generalizzandone il significato, Jung li ha ripersonalizzati collegandoli all’esperienza della singola persona.

Come a dire: ognuno ha la sua maniera di leggerli. Tuttavia, l’apporto di Freud resta unico nel suo genere. Si fa presto a criticare le idee di coloro che ci hanno preceduti, ma di fatto senza di essi probabilmente saremmo ancora in alto mare.

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