L’involontario contribuito della signora delle pulizie a una scoperta di Fermi

  • Categoria dell'articolo:Recensioni

La Sora Cesarina e l’era atomica

Nei primi anni Trenta i fisici sapevano che era possibile rendere radioattiva una sostanza bombardando i suoi atomi con neutroni (particelle più piccole prive di carica elettrica). Ma credevano che come viene intuitivo pensare più veloce fosse il “proiettile”, più probabile sarebbe stata la sua penetrazione nel nucleo atomico, con conseguente disintegrazione ed emissione di radiazioni. Invece è vero proprio il contrario: è più facile che il nucleo sia colpito da neutroni lenti, perché questi rimangono per più tempo nelle sue vicinanze e hanno quindi più probabilità di penetrare al suo interno.

Indiscrezioni

La storia di questa scoperta, che si rivelerà fondamentale per giungere a produrre energia atomica, ha però due versioni. Una ufficiale, secondo cui il 22 ottobre 1934 Enrico Fermi ebbe improvvisamente l’idea di utilizzare un blocco di paraffina per rallentare i neutroni prima di usarli come proiettili. E un’altra raccontata da Oscar D’Agostino, il chimico del gruppo di giovani scienziati che lavorava con Fermi all’Istituto di fisica di via Panisperna, a Roma. Secondo D’Agostino, nel settembre del 1934 Edoardo Amaldi e Bruno Pontecorvo erano stati incaricati da Fermi di mettere a punto una scala affidabile per misurare la radioattività artificiale a partire dal comportamento dell’argento. Il bombardamento con neutroni dava però risultati strani: il valore della radioattività prodotta variava in modo capriccioso, senza che se ne capisse la causa. Sembrava che a influenzarlo fosse qualcosa nell’ambiente, ma nessuno riusciva a scoprire di che si trattasse. Fermi fece addirittura svuotare il laboratorio lasciando solo due tavoli e il necessario per gli esperimenti: ma la radioattività continuò con i suoi capricci.

Rompicapo

Fermi e Franco Rasetti, che dirigeva gli esperimenti, erano sul punto di cacciare dal gruppo il neolaureato Pontecorvo, all’inesperienza del quale tendevano ad attribuire ogni responsabilità, quando D’Agostino e Amaldi assistettero a una scena che consentì di risolvere il mistero. L’economo dell’Istituto, il cavalier Zanchi, stava rimproverando la moglie del custode, Cesarina Marani, perché per l’ennesima volta aveva riempito i secchi d’acqua necessari per le pulizie dai lavandini del primo piano. L’ordine era invece di prendere l’acqua al piano terra e di portarla su per le scale, senza usare l’ascensore per non bagnarlo. Ma la sora Cesarina, per evitare quella inutile corvée, riempiva di nascosto i secchi al primo piano e alla sera li riponeva sotto uno dei tavoli del laboratorio, nascosti da una tendina. Informato della cosa, Fermi sospettò che fosse proprio l’acqua dei secchi a causare gli strani aumenti della radioattività. Ordinò che l’esperimento di bombardamento coi neutroni fosse ripetuto dentro uno di quei secchi, prima pieno e poi vuoto. Si vide così che era proprio l’acqua (che contiene molto idrogeno) a causare l’incremento di radioattività indotta. Un’ulteriore conferma si ebbe ripetendo l’esperimento nella vasca dei pesci rossi che si trovava nel giardino dell’Istituto.

La strada giusta

Secondo D’Agostino, questo avveniva il 22 ottobre alle 15. A quel punto Fermi avrebbe intuito la funzione dell’idrogeno (i cui nuclei, avendo la stessa massa dei neutroni, quando vengono urtati li rallentano, come fa una biglia quando si scontra con un’altra delle sue stesse dimensioni) e avrebbe deciso di passare alla paraffina, che contiene ancora più idrogeno dell’acqua. Fermi insomma sarebbe stato messo sulla giusta strada dalla sora Cesarina. Che per questo, riteneva D’Agostino, meriterebbe un posto di riguardo nella storia dell’era atomica.

Focus, n. 13 – Aprile-Maggio 2007