Dal 3 al 15 marzo, una delle più famose case produttrici di giocattoli, la danese LEGO, omaggerà chi acquista i suoi celebri mattoncini per un determinato valore (non proprio eccezionale, considerati i prezzi dei suoi articoli) con un regalo davvero speciale: una riproduzione dell’habitat degli scimpanzé africani, inclusa la figurina che rappresenta la loro migliore e più celebre amica, l’etologa e attivista Jane Goodall.
Contributo inestimabile
La storia di Jane Goodall è divenuta un mito, nonostante il carattere schivo e discreto della sua protagonista. La guerra, l’infanzia in campagna, la separazione dei genitori, la passione per gli animali, l’incontro con il paleoantropologo Louis Leakey, l’osservazione diretta e indiretta degli scimpanzé a Gombe, in Tanzania. Leakey cercava l’anello di congiunzione tra i primati e l’uomo, Jane Goodall trovò una specie animale intelligente e affettuosa con la quale instaurò un legame che dura da una vita.
Da lontano, appollaiata su una collina, armata solo di binocolo e taccuino, Jane Goodall fece osservazioni e scoperte che rivoluzionarono le nostre conoscenze sui primati e sugli scimpanzé, sfatando falsi miti e ponendo le basi dell’osservazione scientifica nel campo dell’etologia.
Vide con i suoi occhi scimpanzé che costruivano e usavano utensili, ad esempio per procurarsi il cibo, e mettere in atto azioni progettate per raggiungere scopi ben precisi. Ne osservò le lotte, le coalizioni e le guerre, identificandone le gerarchie e i gruppi sociali.
Ma soprattutto, Jane Goodall ebbe modo di osservare il lato più “umano” degli scimpanzé. Trovò, ad esempio, che i piccoli rimasti orfani venivano adottati da altri scimpanzé e, quando iniziò con loro un rapporto più diretto, che erano in grado di esprimere emozioni fino ad allora ritenute proprie della sola razza umana: stupore, affetto, divertimento. Gesti per noi naturali e scontati come baci, abbracci, fare il solletico, darsi pacche sulla schiena, mai sarebbero stati attribuiti agli scimpanzé senza la paziente osservazione e i rischiosi approcci di Jane Goodall.
Icona senza tempo
L’immagine di Jane Goodall è ormai iconica per le donne che vogliono dedicarsi all’esplorazione, all’etologia, all’osservazione e alla tutela degli animali e della natura. Nel tempo Jane Goodall non è cambiata, né d’aspetto né d’intenti: coda di cavallo, abbigliamento sportivo, binocolo e taccuino. Ed è così che la ritrae la minifugure LEGO, circondata da alberi tropicali in compagnia dei suoi amati scimpanzé.
Ma, soprattutto, Jane Goodall è la quintessenza dell’impegno ecologica, l’ambientalista per eccellenza, alle cui parole di scienza sono seguiti fatti concreti.
Nel Parco nazionale del Gombe Stream, in Tanzania, Jane Goodall ha creato un’area naturale che ospita e protegge ormai poche centinaia di esemplari di scimpanzé, insieme ad altre specie di primati. Il parco, il più piccolo della Tanzania, è infatti circondato da piantagioni (comprese quelle famigerate di palma da olio) e da insediamenti umani, che ne minacciano l’integrità e la sopravvivenza.
Per questo nel 1977, l’etologa ha fondato il Jane Goodall Institute (JGI), che sostiene ricerche sul campo e progetti di conservazione e di educazione ambientale. L’Istituto, ormai presente in più di venti paesi, promuove la conservazione degli scimpanzé e del loro habitat, anche attraverso il miglioramento della qualità della vita delle popolazioni locali, la cui povertà è la causa principale dello sfruttamento e della distruzione dell’ambiente che condividono.
Una storia d’amore lunga una vita
La storia d’amore tra Jane Goodall e gli scimpanzé è la più famosa tra quelle che riguardano l’uomo e il suo rapporto con gli animali, superata forse solo da quella tra Dian Fossey e i suoi gorilla, alla cui salvaguardia la zoologo americana sacrificò la propria vita.
Non è forse un caso che un’altra donna, la canadese Biruté Galdikas, abbia contribuito allo studio di un altro gruppo di primati, gli oranghi. Tre donne, tre specie tanto simili all’uomo quanto sconosciute e diffamate. È proprio grazie a queste “Signore delle Scimmie” che oggi ne sappiamo di più.
E non è nemmeno un caso che l’omaggio di LEGO sia stato reso disponibile proprio il 3 marzo, nella giornata mondiale che l’ONU dedica alla fauna selvatica. Né lo è il fatto che alcuni dei 276 pezzi che compongono il set LEGO siano fatti di una plastica di origine vegetale, ottenuta da zucchero di canna da fonti sostenibili. Perché basta poco per salvare il pianeta, come ci continua ad insegnare Jane Goodall, ma bisogna farlo tutti insieme.
Foto di: yanceycurtis da Pixabay