Ottantanove anni, zoologo e dieci milioni di copie vendute. Questo è il profilo di Desmond Morris, che nel 1967 ha pubblicato il libro La scimmia nuda, tradotto il 23 lingue, che ancora oggi è oggetto di critiche per il suo scarso rispetto della metodologia etologica.
La tesi principale del libro è che la pelle sia l’unico organo che distingue gli esseri umani dagli altri primati. Secondo Morris la mancanza di peli negli umani è legata al bisogno di contatto fisico tra la madre e il bambino.
“Esistono 193 specie viventi di scimmie con coda e senza coda; di queste, 192 sono coperte di pelo. L’eccezione è costituita da uno scimmione nudo che si è auto-chiamato Homo Sapiens. Questa razza eccezionale ed estremamente capace trascorre molto tempo ad esaminare i propri moventi più nobili ed altrettanto ad ignorare quelli fondamentali”.
Ma come mai si torna a parlare della “scimmia nuda” a distanza di quasi cinquant’anni? Nel 2017, il libro di Morris è tornato a vendere tanto da rientrare nella classifica IBS. Che succede? La risposta è semplice e banale. La scimmia nuda che balla, citata da Gabbani al Festival di Sanremo nella sua canzone “Occidentali’s Karma” è proprio la scimmia di Morris.
Di Gabbani ormai sappiamo tutto, ma chi è Desmond Morris? Lo zoologo che ha rivoluzionato il modo di pensare l’uomo. Antropologo inglese, raggiunge l’apice della sua notorietà proprio grazie al libro dove analizza l’uomo al pari di una qualsiasi scimmia spogliata della sua pelliccia.
Unico esemplare di primate, su 193 specie, a non avere un “vestito”; l’unico che si sforzi di ignorare o dimenticare le proprie origini. La passione di Morris per lo studio dei comportamenti animali lo ha portato da Oxford a Londra, rinunciando alla carriera accademica per tentare la via della televisione e della divulgazione scientifica (alla BBC).
Il suo successo e la notorietà arrivano con la realizzazione del primo studio televisivo all’interno di uno zoo, a Londra. Morris così poteva studiare e mostrare gli animali senza bisogno di portarli in studio. Era il 1956 e il programma, che divenne un vero cult delle casalinghe inglesi, si chiamava “Zootime”.
L’idea era quella di fare una trasmissione in poche puntate, ma il successo spinse la produzione ad aumentarne il numero e Morris diventò il “presentatore” ufficiale degli animali per ben 10 anni.
Nella trasmissione, lo zoologo, oltre a mostrare il fantastico mondo animale, cercava anche di sfatare le “dicerie” più diffuse su alcuni di essi, come quella secondo cui i serpenti cobra vengono ipnotizzati dalla musica del flauto. Scopo di Desmond Morris era spingere le persone a pensare agli animali come un “qualcosa” da osservare e studiare, esseri meritevoli di attenzione.
Gli anni passati allo Zoo di Londra diedero allo scienziato la possibilità di studiare da vicino gli scimpanzé e le loro movenze. Entrò in simbiosi con uno di loro: uno scimpanzé maschio di nome Congo, al quale piaceva disegnare e dipingere. Morris lo osservò e studiò per anni e dopo essere passato dai microscopi agli insetti, dagli anfibi ai mammiferi, decise che era venuto il momento di studiare anche l’animale umano.
A una festa conobbe un giovane editore che, incuriosito dal suo programma Tv, gli chiese quale altri progetti fosse intenzionato a portare avanti e Morris rispose proprio di voler cominciare a studiare la scimmia nuda. Fu un colpo di fulmine: l’editore convinse lo scienziato a studiare e osservare l’essere umano non come uno psicologo, ma come uno zoologo. Ecco, dunque, come è nato il libro La scimmia nuda e Gabbani alla fine l’ha fatta anche ballare.
La biografia di Desmond Morris nel suo libro Linguaggio Muto