Per la maggior parte di noi, il vuoto è un luogo dove non c’è niente. Per i fisici quantistici, invece, il vuoto è un luogo dove c’è di tutto, come ci canta e ci suona Frank Wilczek, premio Nobel per la fisica del 2004, in un bell’assolo su “La musica del vuoto” (Di Renzo Editore).
La domanda fondamentale alla quale lo scienziato risponde riguarda l’origine della materia ordinaria, che è naturalmente l’esatto contrario del vuoto: la sua sorprendente risposta è che essa, per il 90 per cento, emerge da una teoria idealizzata i cui ingredienti (quark e gluoni) sono completamente senza massa! A scanso di equivoci, questa emergenza della materia dal vuoto non è affatto una creazione dal nulla: con buona pace dei filosofi, infatti, le due parole non sono per niente sinonime.
Più precisamente, la massa di particelle pesanti quali il protone e il neutrone si crea da energia pura secondo la formula di Einstein e le regole della Qcd, la cromodinamica quantistica che lo stesso Wilczek ha sviluppato da studente insieme al suo professore David Gross, vincitore con lui del premio Nobel.
Come invece si formi la massa di particelle leggere quali l’elettrone è ancora un mistero, che attende per la sua soluzione il passo successivo alla Qcd. Nel frattempo, comunque, questa ha già permesso addirittura di riprodurre in laboratorio le condizioni del Big Bang, in eventi esplosivi che provocano palle di fuoco ad altissima temperatura che si espandono in maniera simile all’universo primordiale, lasciando tracce come quelle fotografate sulla copertina del libro, che ci dà un’idea di come dev’essere stato il fatidico momento del fiat lux.
L’espresso, anno LIII n. 31, 3 agosto 2007, pag. 109