L’uomo che scoprì il ferro di cavallo
Sono sufficienti poche pagine a un matematico geniale e poliedrico come Steve Smale per comunicare al lettore l’entusiasmo per le due passioni che hanno caratterizzato la sua vita, la matematica e la politica. Al contrario di altri grandi matematici, Smale non è stato un bambino prodigio. «Credo di essere diventato un matematico vero e proprio preparando la tesi» sotto la direzione di Raoul Bott.
Quanto alla politica, «devo il mio impegno politico all’educazione che ho ricevuto da mio padre». Un impegno che continuò negli anni universitari, gli anni del maccartismo, e raggiunse l’apice nell’estate del 1966 al Congresso internazionale dei matematici a Mosca, dove Smale fu premiato con la Medaglia Fields per un risultato che aveva ottenuto «sulle spiagge di Copacabana» durante un soggiorno di pochi mesi all’Università di Rio de Janeiro.
Dopo la scoperta del “ferro di cavallo“, che aveva a che fare con i sistemi dinamici e i fenomeni caotici, ricorda Smale, «trovai con mia grande sorpresa» un risultato che fu invece un «vero e proprio shock per la comunità matematica»: la dimostrazione della congettura di Poincaré per tutti le dimensioni pari a 5 o superiori.
(Per la dimensione quattro Michael Freedman ottenne nel 1986 la stessa Medaglia, che invece nel 2006 Gregorij Perelman ha rifiutato per la dimostrazione dell’originaria congettura di Poincaré in tre dimensioni). A Mosca, in una conferenza sulla scalinata dell’Università, ricorda Smale, «giudicai orribile l’intervento militare americano in Vietnam e lo paragonai all’intervento delle truppe russe in Ungheria di dieci anni prima.
Conclusi il mio discorso sottolineando l’importanza di difendere ed espandere le libertà di parola e di stampa. Ne seguì una grande confusione» e, tornato in patria, la sospensione del fondo di ricerca da parte della National Science Foundation. Negli anni seguenti Smale si dedicò a una grande varietà di applicazioni dei suoi risultati, prima di essere “catturato dall’economia”.
Quali sono le qualità che egli raccomanda a chi vuol fare ricerca? In primo luogo, la tenacia e la capacità di immergersi completamente in un problema, poi l’audacia intellettuale. Condite da «quel pizzico di buona sorte, di “serendipità” che accompagna sempre la buona ricerca e i suoi risultati».
Il Sole 24 ore
(Umberto Bottazzini)