“Se una donna arrivasse per la prima volta alla guida del governo, sfido chiunque a dire che non significherebbe rompere un tetto di cristallo”.
Lo ha detto Giorgia Meloni nel corso della campagna elettorale ormai giunta al termine – si vota il 25 settembre. Nella sue dichiarazioni, la Meloni ha anche voluto togliere alla sinistra, tradizionalmente legata alle quote rosa e alla candidature mirate “al femminile”, l’esclusiva di pensare alle donne in politica.
In effetti, uno dei temi più dibattuti al momento è proprio la possibilità che una donna raggiunga la più importante carica dello Stato, anche se, nonostante i sondaggi favorevoli, la Meloni potrebbe decidere di rinunciare alla Presidenza del Consiglio.
Questione politica o culturale?
È ovvio che il problema principale è quello di tenere insieme una coalizione: non è detto quindi che, in caso di vittoria, non si decida di concedere il prestigioso incarico a qualche illustre alleato. Tuttavia, qualche giornalista ha voluto rimarcare la questione culturale che sta dietro alle difficoltà che le donne incontrano nell’occupare posizioni di rilievo nelle aziende, nelle amministrazioni pubbliche, negli atenei, ecc.
Il problema non è solo l’orientamento, tendenzialmente “maschilista”, della società italiana, e dunque la difficoltà a rendersi credibili nei confronti di chi sostiene ancora certi stereotipi e stigmi culturali che riguardano le donne. A quanto pare, infatti, ci sarebbe anche una questione di autostima. Le donne, cioè, sarebbero le prime a non credere di potercela fare.
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Un breve e interessante articolo pubblicato in questi giorni su Io donna parla esplicitamente di un “senso di inadeguatezza”: un po’ come il “braccino” dei tennisti poco esperti di fronte al punto importante, anche le donne sarebbero colte da vero e proprio panico quando sono sul punto di rompere, in qualsiasi campo, il soffitto di cristallo. Se poi se ne parla tanto, come sta avvenendo ed è avvenuto in passato (vedi le ultime elezioni presidenziali), è puro terrore.
Molte donne che “ce l’hanno fatta”, prosegue l’articolo, tengono molto a sottolineare il proprio curriculum, come se si sentissero in dovere di giustificare la posizione raggiunta. Di fronte alla tendenza ad attribuire il successo ottenuto in campo professionale ad amicizie importanti, se non addirittura a favori del ben noto tipo, le donne si sentono costrette a elencare lauree in università prestigiose, tortuosi percorsi di formazione, collaborazioni con personaggi illustri. Come se, nel XXI secolo, fosse ancora necessario spiegare che le donne hanno cervello e capacità per riuscire come e più degli uomini.
Donne al potere, un’eccezione
Questo senso di inadeguatezza sarebbe la diretta conseguenza di una non familiarità con il potere e per questo la donna tende, come il suddetto tennista, a mettersi da sola i bastoni tra le ruote. L’articola cita l’esempio dei concorsi per i posti dirigenziali nell’amministrazione pubblica in cui le candidate spesso nemmeno consegnano l’elaborato della prova scritta, convinte già in partenza di aver fallito.
Le prossime elezioni potrebbero dunque essere, indipendentemente dal colore politico, una buona occasione per rompere – insieme al soffitto di cristallo – anche il tabù che le donne stesse sembrano non riuscire a superare.
Proprio in questi giorni si celebrano la vita e le opere di quella che è stata considerata, per 70 anni, la donna (non) politica più influente al mondo: la regina Elisabetta. Il tetto di cristallo, la monarchia inglese l’ha frantumato secoli fa senza mai pentirsene. E infatti sono già alla terza donna premier e non è di certo un caso se sono stati i regni delle donne – Elisabetta I, Anna, Vittoria – quelli di maggiore crescita, di superamento delle crisi e delle guerre, di prosperità economica e pace sociale. Se vincerà le elezioni, auguriamo a Giorgia Meloni di saper camminare con altrettanta sicurezza tra i pezzi di vetro.