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Cina, la politica spaziale che ci toglie il sonno

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“Lasciate dormire la Cina, perché al suo risveglio il mondo tremerà”: la citazione, erroneamente attribuita a Napoleone, viene ripescata all’occorrenza per criticare o esaltare le imprese del governo di Pechino.

Ora, oltre alla crescita economica prorompente, dopo il rimbalzo di responsabilità sulla pandemia, anche la politica spaziale della Cina ci impedisce di dormire sonni tranquilli.

Il 9 maggio scorso, infatti, c’è chi ha vegliato tutta la notte, lontano da finestre e vetrate, nell’attesa di capire dove sarebbe caduto il razzo “Lunga Marcia” 5B (CZ-5) lanciato dall’isola di Hainan, il cui rientro incontrollato era stato inizialmente previsto proprio sulle nostre teste.

Il razzo – o più precisamente il “lanciatore” – era stato utilizzato per portare in orbita il primo modulo di una stazione spaziale tutta cinese, utilizza combustibili non tossici e appartiene all’ultima generazione di una famiglia di missili già concepita ai tempi di Mao Tse-Tung.

La politica spaziale cinese è stata dunque portata avanti in maniera costante e continua e il fatto, riportato dalla stampa di tutto il mondo, che il governo cinese non sembri preoccuparsi molto di dove cadano i resti dei suoi missili sembra in forte contrasto con il Libro Bianco sulle attività spaziali cinesi che nel 2016 delineava un programma non aggressivo, con scopi quale lo sviluppo dei veicoli di lancio, voli abitati, esplorazioni spaziali, osservazione terrestre, messa in orbita di satelliti.

Poco dopo quella notte insonne, il primo Rover cinese è sbarcato su Marte, confermando che la tabella di marcia del programma spaziale cinese prosegue inesorabile. E non finisce qui: entro l’anno assisteremo al lancio della serie CZ-8, l’ultimissima generazione di missili progettata per mettere in orbita carichi assai più pesanti. Cosa dovremo aspettarci allora?

La verità è che la probabilità che il razzo cadesse in acqua era assai più elevata, considerato che gli oceani ricoprono il 70% del nostro pianeta. Inoltre, l’atmosfera – ha spiegato l’Agenzia Spaziale Italiana – rappresenta uno scudo al contatto con il quale i pezzi del razzo cominciano a disintegrarsi: non è quindi corretto parlare di “caduta libera”.

Ed è stata proprio l’ASI, insieme all’Istituto nazionale di astrofisica (INAF) e all’Aeronautica militare, a monitorare i nostri cieli. Dal centro nazionale a Pratica di Mare, l’ISOC (Italian Space Surveillance and Tracking Operation Center) ha elaborato i primi dati sul rientro in atmosfera del razzo, raccogliendo dati e incrociandoli con quelli raccolti a livello europeo. La Task Force del Consorzio Europeo di sorveglianza e monitoraggio dello spazio dell’Unione europea è dunque sempre in allerta, per vegliare sulla tranquillità dei nostri sogni.

Foto di Arek Socha da Pixabay