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“Licata sulla complessità. Un’introduzione semplice”. Di Fabrizio Li Vigni, da Sintesi dialettica del 29/03/2014

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Libretto il cui valore è inversamente proporzionale alla dimensione, l’ultimo sforzo del fisico siciliano Ignazio Licata possiede, fra gli altri, il pregio di contribuire a gettare confusione sul limite che intercorre fra divulgazione e testi forieri di tesi originali. Il semplice curioso, lo studente o il ricercatore che vogliano un’introduzione al tema senza eccessivi tecnicismi, lo specialista alla ricerca di nuove intuizioni e indicazioni bibliografiche, così come il manager di azienda, ne sono tutti possibili destinatari.

Il volumetto ha almeno tre meriti: 1) il linguaggio semplice rende accessibile l’idea di complessità così come viene concepita nelle scienze naturali e sociali; 2) l’autore indica le implicazioni che un paradigma della complessità, se diffuso capillarmente nelle nostre società, avrebbe a livello civico, ma anche negli ambiti dell’educazione, della divulgazione scientifica e del fare scienza; 3) l’autore sottolinea anche i vantaggi che un approccio complesso apporterebbe ai manager nelle loro attività imprenditoriali.

Licata definisce l’oggetto dell’approccio complesso come tutto ciò che sfugge ai modi classici di descrivere i fenomeni e che afferisce alla cosiddetta “terra di mezzo”: «quella terra dove si trovano i superfluidi e le aziende, le società animali e la meteorologia, le crisi finanziarie e le transizioni di fase, i sistemi viventi, i cristalli e i processi cognitivi». L’autore non rifiuta il riduzionismo tout court, giacché, afferma: «Nella terra di mezzo […] i modelli riduzionistici, semplicemente, non funzionano più».

I modelli complessi non mirano a calcolare l’incalcolabile. Coi sistemi complessi, fatti di fitte inter-relazioni fra miriadi di elementi in evoluzione, non solo i modelli riduzionisti falliscono nel darci una qualche comprensione di essi, ma per studiarli non basta neanche un solo modello. Infatti «un sistema è complesso quando mostra una pluralità di comportamenti che per essere descritti richiedono più modelli». Non potendo avere una conoscenza assoluta del sistema per prevederne le mosse, non possiamo che usare metodi probabilistici e compiere delle scommesse, scegliendo un’apertura logica maggiore rispetto a quella pretesa dal riduzionismo.

Per quanto riguarda il rapporto con la divulgazione scientifica, Licata lamenta la semplificazione sensazionalista dei giornalisti, talora interessati a far passare l’immagine di una scienza onnipotente, talaltra ignari delle cattive conseguenze sociali che una conoscenza superficiale e fideistica della scienza può implicare. «Certa divulgazione – scrive il fisico – è il collante strategico tra due dimensioni della scienza, quella della scoperta originaria e quella del prodotto da vendere sul mercato, che è in genere la scoperta gonfiata di retorica prometeica». Aggiunge più avanti: «I tanti proclami che escono quotidianamente sui giornali (in genere vaghi, più spesso totalmente inesatti), del tipo “la scienza ha dimostrato che…” alimentano questo tipo di percezione estraniata della scienza. È la scienza delle “cose che stanno così”. Non importa poi se ci sono altri approcci e altre teorie possibili, e non importa se non ci viene rivelato nulla sulla natura del problema e sul dibattito scientifico […] E poiché da quella soluzione conseguono un certo tipo di scelte energetiche, farmaceutiche, mediche e così via, bisogna tenersele, perché non c’è modo di controllare quello che fanno veramente gli scienziati». Nella divulgazione non si dovrebbe dunque eludere la coesistenza di molteplici modelli descrittivi, né l’esistenza dei dubbi e dei dibattiti che contrappongono gli scienziati. Continuare a spiegare le scienze come vi fosse sempre unanimità fra coloro che se ne occupano, genera decisioni politiche, ambientali, industriali affrettate e dannose all’ambiente e alla salute. Si può così comprendere la tesi centrale del libro: «una rivoluzione epistemologica non riguarda soltanto l’area della conoscenza scientifica, ma si riflette sull’intero spettro delle nostre possibilità culturali e sociali». Il che significa che l’adozione di approcci complessi non deve preoccupare solo gli scienziati, ma anche i giornalisti, gli imprenditori e, non ultimi, i cittadini.

Ottimo testo divulgativo, quello di Licata è anche qualcosa di più. Mobilitando diverse discipline, “Complessità. Un’introduzione semplice” risulta un libro da prendere e riprendere per continui spunti e suggestioni – almeno fintantoché non se ne sarà colto tutto ciò che, di generoso, può dare.