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Scienza o fantascienza? Perché il nuovo pianeta ci entusiasma tanto

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Un gruppo di astronauti parte alla ricerca di un nuovo pianeta abitabile per salvare l’umanità dall’estinzione cui è destinata a causa di un disastro ambientale che sta consumando l’ossigeno e impedisce l’agricoltura. È la trama di un film, ovviamente: Interstellar. Ma anche la prima cosa che è venuta in mente a molti di fronte all’entusiasmo suscitato dalla scoperta di K2-18b, l’ennesimo pianeta considerato potenzialmente adatto alla vita per la presenza di acqua nella sua atmosfera.

Si tratta, in realtà, del primo di una lunga serie: sono almeno una decina i pianeti trovati in altre galassie che presentano condizioni simili a quelle che sulla Terra hanno consentito lo sviluppo della vita. Una stella più in là, c’è Proxima b, un pianeta roccioso che ruota intorno a una delle stelle di Alpha Centauri, a 4,3 anni luce da noi, dove potrebbe esserci acqua in forma liquida. E poi c’è GJ257d, scoperto da un satellite della NASA: sei volte più grande della Terra, si trova alla giusta distanza dalla stella madre per essere considerato abitabile, ma per il momento non si sa nulla della sua conformazione.

Superano la decina i pianeti la cui temperatura consentirebbe la presenza di acqua in forma liquida ma K2-18b, scoperto da un gruppo di lavoro dell’University College di Londra, è speciale perché tracce di acqua sono state effettivamente rilevate, e anche la sua temperatura è adatta a sostenere la vita. Tuttavia anche per K2-18b, come per altri prima di lui, le condizioni non sono proprio ideali e le radiazioni provenienti dalla sua stella rendono la presenza di esseri viventi assai improbabile.

Un solo universo o infiniti universi?
Il libro di Paul Davies

Ma cosa deve avere un pianeta per essere considerato simile alla Terra? Un indice creato ad hoc, l’ESI (Earth Similarity Index), fissa i 4 parametri che un pianeta deve presentare per essere considerato abitabile: il raggio, la densità, la temperatura e la velocità minima necessaria per allontanarsi dalla sua superficie. In una scala da 0 a 1, dove 1 rappresenta il punteggio della Terra, un pianeta può essere ritenuto “terrestre” se ottiene un punteggio minimo di 0,8.

Il sistema solare di Trappist-1, ad esempio, comprende ben due pianeti con punteggio superiore (0,90 per il pianeta d e 0,86 per il pianeta e), mentre Marte, le cui condizioni proibitive alla vita sono note a tutti, totalizza uno 0,64. Il pianeta con l’ESI più alto finora rilevato è Kepler 438b, con un diametro appena superiore a quello della Terra, una temperatura tra 0 e 60 °C e una distanza dalla propria stella che lo colloca nella fascia abitabile. Tuttavia anche qui le radiazioni stellari potrebbero essere un’incognita: un parametro che l’ESI non tiene in considerazione.

In attesa dell’imminente partenza del telescopio spaziale CHEOPS, che l’ESA lancerà a novembre con lo scopo preciso di studiare i pianeti “gemelli” già noti, molti si chiedono cosa potrebbe accadere se si trovasse davvero un pianeta abitabile e a portata di mano. In un momento storico come questo in cui – come mai prima d’ora – si discute l’impatto dell’intervento dell’uomo sull’equilibrio del pianeta, stiamo forse cercando una nuova Terra da colonizzare?

I resoconti dei primi coloni che arrivarono nelle Americhe appena scoperte raccontavano la meraviglia di fronte a una natura rigogliosa e incontaminata, una differenza con l’Occidente europeo già così evidente anche prima della Rivoluzione Industriale. Una volta raggiunto il nostro nuovo pianeta, cosa ne faremo? Come lo trasformeremo? Chi avrà il diritto di andarci? E chi resterà qui? A queste domande la fantascienza ha già risposto in mille modi, al cinema e nei libri. La realtà può ancora sorprenderci?