La complessità, o meglio la teoria della complessità, studia i sistemi complessi, il modo in cui si adattano e si evolvono, cercando somiglianze con altri sistemi adattivi complessi. Parole complicate che Ignazio Licata cerca di spiegare in modo semplice nel suo libro “Complessità, un’ introduzione semplice“.
Questo piccolo saggio nasce a caldo, dopo una serie di incontri con il pubblico, e ho cercato qui di mantenere quel clima dialogico. Simili occasioni, se sfuggono alla ritualità degli incontri con l’autore-scienziato, possono rivelarsi estremamente feconde di imprevedibili suggerimenti.
In contesti diversi (con filosofi, economisti, medici, studiosi di scienze cognitive e in vari festival) ho potuto verificare che i princìpi generali dei sistemi complessi sono facili da comprendere – si può quasi suggerire al pubblico di metterli a punto e scoprirli in base alla propria esperienza – e hanno un’applicabilità universale su aree molto diverse tra loro. Naturalmente questo non è un mistero: si tratta di situazioni in cui le caratteristiche generali dei comportamenti collettivi sono più importanti del singolo costituente. Il vero problema consiste piuttosto nell’accettare le conseguenze culturali di una visione della scienza non rigidamente riduzionista.
Per evitare equivoci, la posizione qui espressa non è anti-riduzionista in senso metodologico (come fisico mi sarebbe impossibile esserlo), ma lo è nel senso del riduzionismo ideologico, la foglia di fico dietro cui prospera la tecno-burocrazia, il “nient’altro che” e, infine, il fatale “le cose stanno così”.
Reificare i processi in oggetti, trasformando l’osservatore in un deus ex machina esterno al sistema, ha avuto conseguenze dannose sulle scienze della vita e soprattutto sul modo di concepire le discipline socio-economiche.
Una chiave ricorrente nel libro è il gioco di risonanze tra epistemologia ed economia. Quello che qui tentiamo di suggerire è che il mondo e il nostro agire sono estremamente più ricchi e vari di quanto un’economia asfittica vorrebbe attribuire a una caricatura mediatica e cortigiana della scienza.
La prima edizione di questo libro fu edita da :duepunti di Palermo, una delle più belle avventure editoriali degli ultimi anni, ed ebbe il suo battesimo del fuoco al Festival di Filosofia di Modena-Carpi, nel 2011. Mi sembra che le ragioni che mi spinsero a scriverlo sono oggi, se possibile, più urgenti che mai: da una parte un uso troppo ampio e vago del termine “complessità”, dall’altra uno specialismo che non vuol vedere le possibilità politiche del “More is Different”.
Quest’ultimo punto coinvolge direttamente gli assunti epistemici che attraversano il pensiero individuale e il corpo sociale, derivati dal vecchio riduzionismo, e che sono di fatto un ostacolo per una diversa comprensione dei problemi sospesi tra mente e mondo.
Più un sistema diventa complesso, meno è prevedibile. Plurali sono le sue manifestazioni come le possibilità di osservarlo, i modelli per descriverlo e le strategie per gestirlo.
Infine, non esiste più una legge, e neppure una probabilità definita, bensì la scommessa di Bruno de Finetti (altra figura che attraversa queste pagine e che è adesso al centro di un nuovo lavoro sull’incertezza e di un progetto teatrale).
La complessità, come scrive il mio amico Ermanno Bencivenga, riguarda le scelte e i dizionari che costruiamo per descrivere qualcosa.
Sotto molti aspetti si tratta di un testo personale. Ed è stata dunque per me una scelta naturale tornare a casa da Sante di Renzo, editore del mio fortunato Osservando la Sfinge. In un ideale passaggio di consegne Roberto Speziale – editore e grafico della :duepunti – ha seguito passo dopo passo la nuova vita del saggio. Sante è naturalmente complesso, chimico e psicoanalista. Un giorno qualcuno dovrà raccontare il cenacolo di Viale Manzoni 59.
Com’è giusto, si tratta di edizione riveduta e corretta, ma anche integrata. Impossibile non tener conto del fatto che alcune cose sono state ripensate o pensate in modo diverso. Tra la prima edizione e questa ci sono I gatti di Weiner (edito da Bonanno) e le Piccole variazioni sulla scienza (edito da Dedalo).
È stato necessario introdurre un nuovo capitolo – un pezzo meno facile per parafrasare un famoso titolo di Feynman – sul concetto di predicibilità dalla fisica classica alla quantistica, fino al forecasting basato sui Big Data. Infine, mi congedo dal lettore con le sei parole delle Lezioni americane di Italo Calvino, maestro di complessità ante litteram.
La mia gratitudine agli amici con cui ho avuto il piacere di discutere molti degli argomenti qui trattati: Alessandro Giuliani, Marcello Cini, Giorgio Parisi, Eliano Pessa, Gianfranco Minati, Ermanno Bencivenga, Elena Gagliasso e uno speciale ringraziamento a Silvano Tagliagambe, che mi ha regalato con la consueta rapidità e maestria la prefazione ideale.