Come il cervello decodifica il mondo

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Un paio di settimane fa, partecipando ad un concorso su Facebook, dove 4 editori si sono riuniti in un gruppo battezzato La mucca di Schroedinger, che ha lo scopo di diffondere la scienza mettendo in palio dei testi, ho avuto la fortuna di vincere il volume di M. Gazzaniga intitolato L’interprete (Di Renzo Editore).

Visto il mio indirizzo di specialità (psicoterapia cognitiva) mi interessano molto le scoperte scientifiche su come funziona il cervello e sul loro utilizzo nella pratica terapeutica, in fondo buona parte del lavoro con un paziente consiste nel cercare di capire come pensa e di farlo riflettere sui propri pensieri e stati emotivi. Sono quindi rimasta particolarmente contenta di aver vinto questo libro.

Si è subito rivelato un libro inaspettato, dall’impostazione inedita. Se ci si fermasse al titolo, si penserebbe di avere tra le mani il solito testo di neuroscienze pieno di esperimenti, cifre e spiegazioni da leggere più volte per poterle capire. Invece il testo comincia come un’autobiografia, perché gli studi che hanno portato l’autore a importanti scoperte sulle differenze tra i due emisferi cerebrali, sono intrecciati con le sue scelte di vita.

Ogni capitolo riassume un ambito di indagine da lui toccato: gli emisferi cerebrali, la morale, la coscienza. L’autore riporta alcuni degli esiti dei suoi studi sugli Split Brain: i cervelli divisi in seguito alla resezione del corpo calloso. Questa resezione, utile per combattere l’epilessia resistente ai farmaci, si è rivelata utile anche per scoprire le specifiche funzioni dei due emisferi: quello destro riservato all’azione e alle facoltà “basse” e quello sinistro riservato alle facoltà “alte”, quali il pensiero. Una delle funzioni più importanti dell’emisfero sinistro è quella che viene definita dall’autore d’interprete: cioè spiegare cosa e perché l’emisfero destro si stia comportando in un determinato modo.

L’autore vede il cervello come isolato dal resto del mondo. Essendo il risultato di millenni di evoluzione, egli non ritiene possibile che si modifichi con l’istruzione. Noi non impariamo nulla, semplicemente attiviamo aree cerebrali/mappe neuronali, che già esistono e se non esistono, non esisteranno mai. Ecco spiegato come mai alcune persone non impareranno mai la matematica, perché non posseggono quei neuroni predisposti a capirla. Per cui quando la maestra ci dirà che nostro figlio “Se solo si impegnasse di più, riuscirebbe…”, noi potremmo tranquillamente rispondere che “No, sarebbe inutile, gli mancano quei neuroni, è meglio che si impegni in quel che è bravo”.

Gazzaniga fa un’importante distinzione tra il cervello e la mente.

Se il cervello è “isolato” dentro sé stesso, così non è per la mente, che anzi è quasi completamente relazionale: buona parte dei nostri pensieri sono legati agli altri e al mondo esterno (lavoro, gli altri, il governo, l’effetto serra, i pettegolezzi ecc.). Come ogni psicologo sa, la mente, o meglio la capacità di pensare, si forma nella relazione con gli altri e prima di tutto con le figure primarie. Senza il cervello non si produrrebbero pensieri e senza relazioni non nascerebbe la capacità di pensare.

Ahimè però nel suo libro si legge che la sofferenza psicologica si genera all’interno del cervello e si cura quindi con farmaci, che agiscono sulla sua biochimica. Quello che la mente produce come interpretazioni di ciò che sta accadendo non è che una produzione successiva, un tentativo di spiegazione, che si genera dopo la “calamità” che avviene all’interno dell’encefalo. Tutte le terapie, come la psicoanalisi, che tentano di curare disturbi come la depressione, sono inutili perché lavorano sull’interpretazione che l’uomo dà del proprio malessere, e non sul malessere, che è esclusivamente di tipo fisico.

E’ oramai indubbio che la schizofrenia abbia una base genetica e che alcuni tipi di depressione o disturbi d’ansia siano generati dall’alterazione della biochimica del cervello (basti pensare a coloro che fanno/hanno fatto uso di sostanze stupefacenti e che devono assumere psicofarmaci per compensare i danni lasciati dalle sostanze al funzionamento del cervello), ma ritenere che tutte le sofferenze psicologiche siano date da qualcosa che non va nei circuiti neuronali, mi pare una posizione estremista, che non condivido.

Non si spiegherebbero altrimenti i Disturbi di Personalità, i cui sintomi principali sono dati dai deficit metacognitivi, cioè dal cattivo funzionamento della mente, come ad esempio i deficit di automonitoraggio, o differenziazione, o di Teoria della mente, dove l’interprete è chiamato in causa, o il fatto che le psicoterapie funzionino, o il fatto che il solo farmaco spesso fa poco se non associato a una psicoterapia ( proprio rispetto a quest’ultimo punto, l’Asl 4 di Torino sta portando avanti una ricerca per valutare se l’efficacia dei farmaci aumenta quando alla loro assunzione è associata una psicoterapia).

In una intervista fatta al Dott. Gazzaniga e apparsa sul numero 42 di Focus Extra, egli afferma di ritenere superata la psicoanalisi, ma molto utile la psicoterapia. Ciò sembra una franca contraddizione, a meno che per psicoterapia non intenda la terapia farmacologia che agisce sulla psiche.

Ecco se questo libro ha una pecca, è quella che l’autore non specifica bene il suo pensiero, lasciando chi legge di fronte a diverse contraddizioni, che probabilmente non esisterebbero se avesse spiegato meglio le sue opinioni. Certo è che questo testo è una base da cui si può partire per avventurarsi nel tema della neuroscienza e per avere una panoramica, accennata, ma completa, degli ambiti di studio più recenti, come gli studi di Rizzolatti sui Neuroni Specchio.

Luigina Pugno
(Associazione Eco – 29 dicembre 2009)